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Crinali del Senio, dalla Serra al monte Ghebbio

Camminare lungo i crinali è sempre uno spettacolo interessante. Lo sguardo corre lontano: vede e immagina. Uno dei più belli nella nostra zona – Castel Bolognese/Riolo Terme – è quello che dalla Serra va al monte Ghebbio. Consente di ammirare la vallata dello storico Rio Sanguinario – era già indicato nella cartografia vaticana del ‘500 – ed un tratto della vallata del fiume Senio. Con tutto il corollario che sta intorno, a partire dalla Vena dei Gessi, con il suo monte Mauro.

Si parte dalla chiesa della Serra.

Si lascia l’auto nel parcheggio della chiesa della Serra e ci si incammina verso sud. Cosa può attrarre il nostro sguardo? Cose belle e cose brutte, come quasi sempre accade, ma in ogni modo interessanti da qualunque punto di vista le si guardino.

Subito incontriamo sulla dx un filare di tigli dell’immediato dopo guerra purtroppo distrutti da una potatura sbagliata. Col timore che l’effetto vela potesse provocare frane nella strada, circa 10 anni fa furono capitozzati e adesso sono oramai tutti secchi, in parte già caduti, altri ancora in piedi, ma ammalati e molto pericolosi.

Pietre dell’antica villa romana.

Dopo una cosa brutta due belle: lo storico Palazzo Zauli Naldi sulla sx, purtroppo non visitabile, e la secolare quercia sulla dx, inserita nell’albo degli alberi monumentali della Regione. Procedendo verso sud si incontra una bella villa con piscina che vive nel ricordo della storica villa romana della Serra posta di fronte ad essa e della quale, se si ha la pazienza di andare sotto i grandi alberi del posto, si possono trovare resti di manufatti dell’epoca, posati lì dai contadini durante le arature.

I calanchi.

Poco oltre ci si trova sopra i calanchi che stanno progredendo da sud. Questa zona, oggetto in passato di discarica di rifiuti, fu adottata alcuni decenni fa dalle associazioni dei cacciatori che ne fecero un’area di tutela e rispetto ambientale. Tolsero i rifiuti, misero staccionate per la sicurezza e istallarono cartelli di spiegazione. Purtroppo oggi quel bel lavoro, non essendo stato manutentato, è andato quasi del tutto distrutto, e persone ignobili hanno ricominciato a portare nuovamente rifiuti nelle gole dei calanchi.

Procedendo, si giunge sul monte Querzola, la cima più alta di Castel Bolognese (241 m s.l.m.) e che segna il suo confine. In questo punto l’avanzata erosiva dei calanchi è arrivata fin sul ciglio della strada vicinale. Questo fatto crea una bella suspence, ma richiede un intervento per la messa in sicurezza del tratto di strada. Si lascia sulla sx l’agriturismo La Querciola (podere Campolasso) e si punta verso il monte Ghebbio.

Per arrivare in cima al monte Ghebbio, l’apprezzata sensibilità di alcuni contadini, consente di percorrere due tratti di sentiero sterrati che permettono una bella vista sulla valle del rio Sanguinario e rendono più interessante e vario il percorso.

Il ritorno.

Dal monte Ghebbio si scende a sx, poi ancora a sx e si torna verso Campolasso e verso la Serra. Bella vista su: Riolo Terme, i laghetti delle future casse di espansione, i colori, mutevoli col passare delle stagioni, di una campagna lavorata ad arte dai nostri contadini che fa paesaggio di pregio.

A questo punto, se si vuole allungare il giro, suggerisco due varianti.

a) Giunti in cima al monte Ghebbio si può proseguire verso Riolo Terme fino alla via Mazzolano, poi tornare sui propri passi;

b) nel ritorno, dopo Campolasso si imbocca la carraia a dx e si percorre via Pozze; giunti sotto la casa della Pausini si gira a sx, passato il Rio Festi si sale per via Montebrullo per portarsi infine al parcheggio della Chiesa da dove si è partiti.

Il percorso, escluso le varianti è di 6 chilometri e 200 metri. Due ore, rimirando il paesaggio. Il dislivello in salita e discesa è di circa 100 metri.

Si potrebbe migliorare.

Questa descrizione abbastanza meticolosa vorrebbe invitare le amministrazioni comunali di Castel Bolognese e di Riolo Terme a dare un’occhiata e una sistemata per rendere questo percorso ancora più gradevole. Aumenterebbero così i fruitori e verrebbero ancor più valorizzati territori di grande pregio, vocati per un’agricoltura di qualità, che nulla hanno da invidiare ad altri maggiormente celebrati in altre regioni d’Italia.

Le foto.

 

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