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Terremoto, lontani dalla soluzione

Finale Emilia - Il Municipio
Finale Emilia – Il Municipio

Per la prima volta ho visitato le zone terremotate dell’Emilia; l’area compresa fra S.Agostino, Finale Emilia, San Felice sul Panaro. Forse il giorno lavorativo ha contribuito a farmi apparire le cittadine molto vuote, abbastanza spettrali.

Ho visto completamente distrutti i vecchi casolari di campagna; gravemente lesionati molti capannoni industriali costruiti negli anni ottanta e novanta; pressoché inagibili tutti gli immobili pubblici – municipi, teatri, scuole, ospedali – costruiti fino alla metà del secolo scorso; distrutti, inagibili o gravemente lesionati tutte le rocche i castelli, le torri, le chiese; inagibili buona parte delle case dei centri storici, a partire da quelle d’angolo, mentre hanno resistito le case “fuori le mura”. Le piccole attività collocate nei centri storici, particolarmente quelle sotto i portici, sono state martoriate e solo una piccola parte di esse ha ripreso l’attività, seppure in condizioni assai precarie.

Ho ascoltate persone anziane dire che ancora non varcano la porta di casa loro perché paralizzate dalla paura del “grande mostro”. Macerie in giro non se ne vedono, ma ciò che mi ha sorpreso è la pressoché totale assenza di cantieri aperti. Poche persone intente a puntellare muri, a coprire con teli di plastica alcuni tetti, a sgombrare mobili da uffici e abitazioni. Qualche piccolo cantiere in abitazioni private, nessun cantiere in edifici pubblici.

Tutte le attività pubbliche sono certamente garantite e questo è stato un grande merito di comuni e Regione; non si vedono tendopoli; sono presenti pochi container in prevalenza adibiti a servizi. Questo dice che c’è stata una celere ripartenza, ma provvisoria. Non si nota l’avvio di soluzioni stabili. La mia impressione è che si sia ancora molto lontani dalla ricostruzione vera, con il pericolo che prenda piede lo scoramento.
Non dico altro, se non che nei cortili delle abitazioni si scorgono ancora moltissimi camper e molte tende.

Ho visto piccoli cumuli di materia venuta alla luce da sottoterra, tipo i vulcanetti di Bergullo. Ho ascoltato persone critiche circa il perdurare di una estesa attività di fracking per la ricerca di idrocarburi nel sottosuolo. E persone dire che “quella notte”, all’una, tutti sono stati svegliati da una fortissima esplosione, tale da indurre tanti ad uscire di casa, rientrandovi dopo poco. Poi, alle quattro, la prima devastante scossa.

Quello che ho visto, anche riconoscendo che in un sol giorno non si può certo cogliere la realtà nella sua interezza, mi lascia pensare che se l’attenzione non permane ancora alta, con la crisi economica che ci attanaglia, la soluzione vera del problema terremoto in Emilia, sia ancora lontana da venire.

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