Politica

Chi detta l’agenda

Castel Bolognese - Palazzo Mengoni
Castel Bolognese – Palazzo Mengoni

Ieri la sentenza della Cassazione. La cronaca delle prime ventiquattro ore offrirebbe molti spunti per considerazioni fra l’ironico, l’amaro e il divertito. Non soltanto la documentazione video degli umori cangianti dei coscritti dell’esercito di Silvio, forse rincitrulliti dal sole agostano. Non soltanto l’esibizione di abissale ignoranza, fornita da più di un cronista televisivo incapace di comprendere il senso della sentenza all’atto della sua lettura, e ancora dopo vari minuti incerto su cosa fosse stato “rigettato” (se sai di dover andare in onda in diretta in una occasione tanto attesa dalla pubblica opinione, almeno documentati un poco, fatti spiegare qualcosa; tanto più se sei pagato con i proventi del canone!)
Di più: ancora sulla carta stampata del giorno dopo molti parlano di una condanna per “evasione fiscale”, ma in verità la condanna passata in giudicato è per “truffa fiscale”. E davvero non è la stessa cosa, per quanto già l’evasione sia motivo sufficiente per un giudizio di indegnità a ricoprire pubbliche funzioni.

Ma torna utile portare la riflessione più a fondo su significato e conseguenze di tali fatti. Fra i commenti più frequenti ne ricorre uno di cui è difficile comprendere a pieno in senso, almeno per chi scrive: “Berlusconi va sconfitto politicamente, non nelle aule di Tribunale”. Ebbene, viviamo forse in un paese ideale, in una democrazia astrattamente configurata, che prescinde dalle persone reali, dalla loro storia e dai loro stessi vizi? Cos’è la politica se non la miscela di tutte queste situazioni reali? D’altronde quali siano i tratti della specifica situazione italiana di questi ultimi decenni -diciamo pure della anomalia italiana- è noto non da oggi: la commistione criminogena fra interesse privato ed esercizio delle pubbliche funzioni, caratteristica del berlusconismo; la incapacità della cultura liberale di darsi forme autenticamente democratiche di manifestazione in ambito politico; il diffondersi di culture di stampo leaderistico -anche, ma non solo- in politica. Anche, e non secondariamente, la scarsa efficacia della sinistra politica, in perenne crisi evolutiva, a lungo incapace di leggere con rigore le dinamiche sociali e, conseguentemente, darsi obiettivi efficaci. Tutto questo -scusandoci per la sommarietà- è politica; come è politica il fatto che Silvio Berlusconi abbia impegnato tutto il suo potere (economico, politico, istituzionale, mediatico…) per occultare reati anche gravi da lui commessi, ostacolare le funzioni della magistratura, distorcere l’equilibrio fra i poteri a fini di interesse personale.

Dunque il giudizio della Cassazione a suggello di un percorso giudiziario complesso e difficile è un accadimento rilevante anche dal punto di vista politico, come è una sconfitta anche politica -non solo tecnicamente giudiziaria- quella subita da Silvio Berlusconi. Una sconfitta che imprime una accelerazione conclusiva alla parabola discendente della leadership dell’ex-cavaliere; non si dimentichi, infatti, che già i recenti appuntamenti elettorali -elezioni politiche e amministrative- avevano fatto registrare, per lui e per la sua coalizione, la perdita di svariati milioni di voti.
Ma soprattutto la valenza politica della vicenda si esplicherà nel prossimo futuro. I berlusconiani più militanti faranno il viso dell’arme, così il loro capo potrà mostrarsi responsabile e magnanimo, dettando solo qualche condizione dal suo domicilio coatto. Ancora una sceneggiata, ma ormai priva di mordente e di efficacia, anche se la situazione verrà spinta fino al limite, come risulta evidente ancora in queste ore.

La sinistra, il PD in particolare, possono e devono ora “dettare l’agenda”. Senza velleitarismi, senza farsi irretire dall’escalation di dichiarazioni roboanti e finte. Sul dopo sentenza Epifani ha già detto quanto basta: “rispettare ed eseguire la sentenza”; in Parlamento sarà d’obbligo votare nelle sedi previste per la decadenza di Berlusconi da senatore. Più cruciale il ruolo di Letta e della componente del PD nella compagine di governo. A loro compete di intensificare l’azione riformatrice del governo; misure per la crescita dell’economia, l’equità sociale, i diritti civili. Sfidare la maggioranza senza alcuna titubanza, segnando un cambio di passo rispetto alla incerta navigazione fin qui manifestata.

Il PdL è “pronto a tutto”, come hanno dichiarato i suoi esponenti nelle roboanti dichiarazioni di oggi? Ne trarranno le conseguenze, assumendone la responsabilità. Determineranno la crisi del governo Letta? Napolitano deciderà, secondo le sue prerogative, se sciogliere le Camere o assegnare ad altri l’incarico per formare un nuovo Governo. Berlusconi oggi avrebbe detto ai suoi: “prepariamoci a nuove elezioni, per vincerle”; oggi, nel momento di sua massima debolezza, appare un ululato alla luna, più che altro. Comunque è necessario andare a vedere, svelare il bluff.
E forse si dimostrerà al mondo che il progetto a cui lavorava Bersani, nell’immediatezza del dopo-elezioni, era meno velleitario di quanto pensarono in molti, anche a sinistra.

Giuseppe Casadio

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Un commento

  1. Caro Beppe come al solito hai approfondito un tema attuale con lucidi argomenti,coi quali concordo,compreso il riferimento a Bersani.E’ ora che il nostro partito,il PD,si dia una mossa! Ciao

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