Ambiente

Tre opere da non farsi

Porto Corsini (Ra)
Porto Corsini (Ra)

La mega discarica dei rifiuti Imola. Si vorrebbe raddoppiare l’attuale discarica dei rifiuti indifferenziati – quella dove si butta tutto, come una volta – di Pediano nei calanchi imolesi, al confine col comune di Riolo Terme. Raddoppiandola, pare possa diventare una delle maggiori di Europa e, se ho ben capito, sconfinerebbe nel comune delle Acque, dove si costruirebbe una importante strada di accesso dalla valle del Senio.

L’opera è stata autorizzata, anche se l’iter procedurale non è ancora concluso, dalla Regione e dai comuni. Il dato sconcertante è che le stesse istituzioni che approvano il progetto hanno accettato la direttiva europea che vuole che in pochi anni si arrivi a raccogliere in modo indifferenziato almeno il 70% dei rifiuti urbani. Quindi, mentre da un lato chi gestisce i rifiuti – nel nostro caso Hera – deve promuovere la raccolta differenziata – certamente col porta a porta, se si vuole arrivare a quelle percentuali – dall’altro attrezza un enorme buco per sversarli in modo indifferenziato.

In tutto questo c’è qualcosa che non va. Chi sostiene questa scelta vuole compiere una azione in totale contrasto con quello che loro stessi dicono di volere realizzare. Senza contare i problemi che ne derivano all’ambiente. Effluvi maleodoranti; percolato che va controllato, raccolto e smaltito; probabili gas nocivi; ferite ad un territorio di pregio; nuove strade e maggiore traffico di automezzi pesanti nei centri cittadini di Imola e Castel Bolognese. Ce né abbastanza per dire che questa scelta sarebbe bene fosse riconsiderata.

La grande centrale a biomasse di Russi. Mentre si attende l’ultima parola – prevista per marzo – da parte del Consiglio di Stato, l’azienda che vuole costruire pare abbia denunciato in sede penale in questi giorni, la Soprintendenza ai Beni Culturali che, evidentemente, si oppone ancora a questa mega opera.

Gli enormi interessi economici in gioco rendono scottante questo tema. Coloro però che devono tutela il bene comune non hanno ancora ben spiegato quali saranno gli effetti per il nostro territorio e la sua vocazione agricola dal momento che deve attrezzarsi per produrre enormi quantità di legna da bruciare nella centrale. Già vediamo gli effetti (preoccupanti) per produrre il mais da trasformare in energia per produrre pochi mega di elettricità. Si pensi a quanto terreno servirà per produrre legna per i 30 megawatt della centrale di Russi.

Aggiungo che proprio in queste settimane, a fronte del grande inquinamento atmosferico, si è detto che una delle cause principali è il calore che si disperde in atmosfera nel bruciare legna. Si è paventato di spegnere i comignoli delle mostre abitazioni e i forni di cottura della pizza napoletana. Ci si deve chiedere quale sarà allora l’apporto di calore per l’enorme quantità di legna che si brucerà a Russi e come le due cose stiano razionalmente insieme.

Le trivelle in Adriatico. Con lo sblocca Italia si stanno autorizzando decine di piattaforme per trivellare il mare Adriatico alla ricerca di petrolio. La scelta è stata imposta dal Governo, a prescindere dal giudizio di molti Enti Locali (comuni e Regioni), molti dei quali si erano tenacemente opposti. Per fortuna il contenzioso non è ancora terminato e restano piccoli margini per evitare questa scelta anti-ambientale.

Immaginate cosa può accadere alla rinomata industria del turismo nel malaugurato caso di incidente che riversi in Adriatico – come tutti sappiamo, un mare chiuso. Ma non solo. Viene utilizzata la tecnica del soffiare nel sottosuolo aria a pressione; molti affermano che questa tecnica crea problemi ai pesci, particolarmente a quelli di grosse dimensioni. E, qualora venisse trovato ed estratto petrolio, quale effetto avrebbe tale azione sulla subsidenza, ad esempio, nell’area del Delta del Po? Ce n’è abbastanza per spingere le autorità a riconsiderare anche questa scelta.

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