Una riflessione sulla neve
Aveva ragione sabato scorso, Beppe Sangiorgi, in un bell’articolo sul Carlino, dire che non è nevicato sul territorio, ma sullo stile di vita delle persone. Buona parte delle quali sono sempre meno disponibili ad accettare situazioni da sempre considerate normali e comunque nel novero delle possibilità. Come una nevicata e il gelo che ne segue. Naturalmente mi riferisco alla situazione che ho potuto constatare in provincia di Ravenna.
A ben vedere, dalle nostre parti una nevicata l’ha sempre fatta. A Castel Bolognese ricordiamo quelle ben più disastrose degli scorsi anni; meno neve, ma più pesante, con le conseguenze che allora constatammo.
Oggi giorno tante persone sono disponibili ad imprecare ferocemente al minimo disagio, anche quando questo è derivato da eventi ineluttabili. Ritengono non possibile modificare il corso delle proprie esigenze che, a loro modo di vedere, vengono comunque a prescindere. Questa tendenza, frutto di un modello di vita e di società che stà paurosamente mostrando la corda, accompagnata a quella di ritenerci allenatori in campo per qualunque partita sia da giocare, è assai negativa. Occorrerebbe quindi fosse contrastata con decisione e perseveranza.
Invece accade che la tendenza sia quella di assecondare questi impulsi. Col risultato di favorire l’individualismo e la spinta delle persone a rinchiudersi in ambiti mentali sempre più angusti. Mentre, la grave situazione economica e civile del paese, necessiterebbe per molti anni a venire un grande sforzo comune per rimetterla in carreggiata.
La misura che maggiormente fa riflettere è stata la scelte della maggiornaza delle amministrazioni comunali di chiudere per tanti giorni le scuole, a cui si aggiunge quella, veramente sorprendente, del Prefetto di chiudere perfino i comuni – compreso gli uffici tecnici – nel momento in cui questi avrebbero invece dovuto fare gli straordinari per fronteggiare le difficoltà nel territorio.
E’ innegabile che a quelle persone cui prima accennavo avrà fatto piacere. Ma il bene comune era veramente quello? E come si spiega il fatto che le amministrazioni al prezzo di tanti sacrifici hanno sempre tenute sgombre le strade, per poi decidere di chiudere le scuole, quando la loro azione consentiva agli alunni di andare o ai genitori di accompagnarli?
L’idea che si coglie, non so se giusta o sbagliata, è che in questa partita un ruolo decisivo l’abbiano avuto gli insegnanti, parte dei quali in difficoltà per le scelte della Gelmini che li ha fatto giostrare da una scuola all’altra, anche di comuni diversi. Con tutta sincerità penso che questo reale disagio non possa ricadere sugli alunni e che quindi, come fanno tutti i lavoratori, anche gli insegnanti abbiano il dovere di organizzarsi per fare fronte al proprio dovere, pur nelle diverse condizioni metereologiche.
Lunedì ero a Casola Valsenio. Casola è un comune montano e dove di neve ne è caduta più che in pianura. I bambini erano regolarmente a scuola, hanno perso il solo giorno imposto dal Prefetto. Le strade erano sgombre. In alcune vie, quelle delle botteghe, la neve era addirittura sparita. Al bar ho parlato con alcuni cittadini: li ho sentiti contenti di quello che la comunità e la loro amministrazione avevano fatto per contenere i disagi delle forti nevicate. Con una punta di orgoglio, come se pensassero di avere dato una lezione ai “signorini” della pianura.
Credo che i cittadini di Casola, uniti alla loro amministrazione, abbiano dimostrato che, a volte, se si è saldi nei principi e ben determinati si possono raggiungere obbiettivi da molti ritenuti impensati.
Sono d’accordo con molte delle riflessioni fatte, in particolare quelli iniziali e soprattutto penso sia sempre difficile prendere decisioni e impossibile che queste siano condivise da tutti. Sono anche d’accordo sul fatto che molte insegnanti vengono da fuori e hanno avuto le loro difficoltà, ma come tutti gli altri che comunque si sono recati al lavoro; vorrei però aggiungere che le insegnanti(parlo per la scuola dove lavoro io, perchè non conosco la situazione delle altre) erano presenti, mentre gli alunni erano un terzo (e le motivazioni potrebbero essere molte, dall’incertezza sull’apertura o meno, alla difficoltà di raggiungere la scuola in auto, ma anche a piedi, dato che i marciapiedi erano impercorribili e bisognava quindi camminare sulla strada, ecc.) . Non credo comunque che i docenti abbiano voce in capitolo in queste decisioni.