300 case, grande partecipazione ai trebbi

Nonostante si cerchi di accreditare la cultura dei messaggini, dei tweet, dei partiti personali e degli uomini soli al comando, la grande partecipazione registrata ieri sera ai trebbi delle 300 case, dimostra come le persone abbiano ancora tanta voglia di ritrovarsi, di stare insieme e di parlarsi. Dobbiamo dire grazie all’iniziativa di Primola che ce lo ha fatto riscoprire.
Non è quindi un dato ineluttabile quello di cui tanto si parla, delle persone chiuse la sera in casa e delle piazze vuote. Forse c’è un problema di contesto e di proposta, azzeccati i quali le comunità possono rimettersi in circolo.
Un tempo i trebbi avevano una funzione di socializzazione, di mutuo soccorso e della trasmissione orale della storia e del sapere, oltre a quella del ristoro dopo giornate di faticoso lavoro. Oggi le condizioni sono mutate, grazie soprattutto all’esplosione dei nuovi mezzi di comunicazione. Questo è positivo per la nostra cultura personale, ma ci fa anche correre il rischio di isolarci in noi stessi.
Allora la parola chiave da riscoprire è: partecipazione. I trebbi ci dicono questo. Offrire di partecipare a progetti a cui ognuno può portare qualcosa di se stesso, di vero e di tangibile, può essere la leva per tornare a fare uscire le persone di casa.
I trebbi ci dicono che i luoghi della partecipazione possono essere i più disparati: dalle case, ai circoli, alle parrocchie, ai mulini, alle sedi di attività . Ma possono diventarlo anche le piazze, le nostre tante piazze di paese che ci dispiace vedere così vuote.
Bisognerebbe però attrezzarle e qui mi permetto di sostenere l’idea di costruire in tutte le piazze uno o più ambiti colloquiali composti da panchine disposte a cerchio con verde che ne caratterizzi in parte la riservatezza, piccoli tavoli, prese di corrente e Wifi, casomai coperte.
E chissĂ che dopo le 300 case, non ci si possa inventare 300 piazze.