Un sabato davvero inusuale
Una intera giornata inusualmente trascorsa davanti allo schermo televisivo ha offerto molti spunti di riflessione, oltre che l’opportunità di assistere in diretta all’insediamento della nuova legislatura, all’elezione di due persone eccellenti alle Presidenze di Camera e Senato e di apprezzare i loro discorsi.
Tralasciamo quanto è già consegnato alla cronaca per socializzare, piuttosto, alcune riflessioni che ne abbiamo tratto. Innanzitutto è risultata confermata con evidenza assoluta una valutazione più volte espressa, anche in questa sede, durante la campagna elettorale: nella attuale fase della travagliata vicenda italiana, non esiste alcuna alternativa credibile, né praticabile, a maggioranze di governo imperniate sul centrosinistra. Nonostante il risultato parzialmente deludente del voto. Non è soltanto una questione di numeri, ma di sostenibilità politica, anche.
Ci si chieda, infatti: può forse questo centrodestra, ancora integralmente berlusconiano, proporsi come contraente affidabile di un “patto” di corresponsabilità con qualsivoglia altra formazione politica?
Forse con lo stesso centrosinistra? Davvero sarebbe la plateale negazione di ogni proclama per il “rinnovamento della politica”; in quel caso ogni cittadino elettore, autenticamente di destra o di sinistra che fosse, dovrebbe sentirsi raggirato da una vera e propria oligarchia di trasformisti. Né potrebbe valere, per analogia, il richiamo alla esperienza tedesca della “grosse koalition”, se non altro per la semplice ragione che i predecessori della Merkel erano stati Schroeder e Kohl, non Berlusconi, Bossi e soci. Noi dobbiamo ripristinare i fondamentali della dialettica politica, oltre che presentare programmi credibili ed efficaci di contrasto alla crisi. D’altronde abbiamo sempre saputo che sarebbe stato difficile smaltire il veleno inoculato dal ventennio berlusconiano. Dunque sarebbe impraticabile una coalizione di solidarietà nazionale.
Cos’altro? Una coalizione destra-M5S? Si immagini a quale disastro preluderebbe; in ambito economico, nelle relazioni internazionali, e quale sbandamento nella coscienza dei cittadini. Questa ultima può apparire ipotesi inverosimile, ma vale la pena considerarla, poiché Berlusconi -per parte sua- è oggi alla ricerca di qualunque appiglio possa mantenerlo in gioco, mentre le strategie di Grillo -fatta salva la buona fede di ciascuno dei suoi simpatizzanti- possono contemplare qualunque scorribanda destabilizzatrice, anche la più inverosimile.
In secondo luogo, fra le immagini corse in quelle ore sugli schermi televisivi, una mi è parsa amaramente eloquente, per quanto non commentata dai cronisti: l’immagine del prof. Mario Monti che, dopo aver votato -scheda bianca, si suppone- lascia il Senato, senza attendere lo scrutinio che avrebbe eletto Piero Grasso presidente. Un raro esempio di correttezza istituzionale; perfino Berlusconi si è trattenuto fino al termine della seduta. Abbiamo poi appreso, dalle cronache del giorno dopo, che prima della votazione si sarebbe impegnato in una trattativa con Schifani secondo il seguente schema: il PdL mi garantisca i voti per il Quirinale ed il mio gruppo voterà Schifani a Palazzo Madama. Se la cosa fosse vera, un commento verrebbe spontaneo: forse il prof. ha seguito un corso accelerato di sapienza vetero-democristiana. Sarebbe interessante sapere chi sia stato il suo tutor. Ma più stupefacente è che alcuni commentatori abbiano scritto all’indomani che la scheda bianca dei centristi sia da interpretare come apertura al centrosinistra, dato che se avessero votato Schifani, le cose sarebbero andate diversamente. Aritmeticamente ineccepibile (forse); ma politicamente, eticamente? Non sarà che l’ambizione prende la mano, fino a non far caso alle differenze fra Grasso e Schifani, se lo scambio è remunerativo?
Ma a proposito di politicismi “d’antan” il capolavoro della giornata porta la firma di Vito Crimi, il più autorevole dei grillini eletti. Ciascuno ha potuto verificare la dialettica che si è aperta nel gruppo dei senatori a 5 stelle: almeno tre diverse dichiarazioni sull’indirizzo di voto; in sequenza “libertà di coscienza”, poi “anzi no: astensione”, infine “libertà di coscienza”. Nel voto almeno 12 senatori del gruppo hanno votato a favore di Grasso, gli altri no. Nessuno scandalo per questo; la dialettica fa bene alla salute e l’appuntamento era importante. Stupefacente, piuttosto, il commento rilasciato, a cose fatte, dal capogruppo Crimi. Più o meno testualmente: il gruppo è stato compatto nel rispettare la decisione unanime di non concedere alcun voto a Schifani. Un vero capolavoro di equilibrismo dialettico, degno di formule del tipo “non sfiducia”o “convergenze parallele”. Davvero divertente.
Concludendo, e con spirito di amicizia, vorrei dire agli eletti del M5S: ricordate la storia dei “Montagnardi”? il gruppo più radicale della rivoluzione francese, che si chiamarono così perché occupavano i banchi posti più in alto alla “Convenzione”. Rapidamente si divisero, alcuni di loro rifluirono nelle componenti più moderate e liberali dell’Assemblea; poi vennero il terrore bianco, termidoro e la dittatura. Il tutto si consumò molto rapidamente, meno del tempo di una nostra Legislatura.
Roma 17 marzo 2013