Ambiente, partiamo dal fiume
I temi di rilievo che a livello locale riguardano l’ambiente sono parecchi. Gradualmente, cresce la consapevolezza che occorra affrontarli. Se ne parla in misura sempre maggiore. Comincia ad apparire qualche timida risposta da parte delle varie autorità competenti, sia tecniche che politiche. Constato che in genere la cosidetta opinione pubblica, quella del bar, della piazza, ma non solo, ritiene che il “rumore che si fa” sia sproporzionato rispetto i fatti posti sotto la lente. Ma è veramente così?
In questi mesi si è parlato della manutenzione del fiume Senio, non solo a Castel Bolognese, ma anche in altri comuni. Diversi cittadini hanno sollevato problemi di diversa natura, altri si sono organizzati in comitato per darsi una veste più incisiva nella protesta e nella proposta. Tanti hanno assistono dalla finestra, ma hanno mostrato interesse.
I problemi che hanno fatto discutere, mi riferisco al tratto fluviale che da Tebano va al Ponte del Castello, sono brevemente i seguenti.
A. Si sta procedendo ad un disboscamento indiscriminato e a raso di tutta la vegetazione arborea, per lunghi tratti. C’è invece chi sostiene, leggi e regolamenti alla mano, che il taglio debba essere selettivo e che occorra salvaguardare la funzione del fiume come corridoio ambientale e naturalistico. Ricordo che sul Sillaro, un intervento del tipo di quello in atto a Castel Bolognese, nei giorni scorsi è stato interrotto dalla Regione.
B. Gli alberi di notevole dimensione vengono frantumati. Parte del cippato, così ottento, viene raccolto, parte cade in acqua e parte viene disperso nella golena. E’ facile immaginare come il materiale non raccolto, trascinato dalle fiumane possa intasare il fiume e mettere in pericolo i ponti costruiti su piloni. E’ quello che si è puntualmente verificato con le pioggie dei giorni scorsi, quando, in località La Chiusaccia di Cotignola, si è formata un tappo-diga che ha costretto ad un immediato intervento di rimozione.
C. Il Servizio tecnico di bacino afferma che il taglio riguarda la vegetazione immediatamente a contatto con l’acqua. C’è chi si chiede allora per quale ragione sia stato rasato il boschetto di acaci presenti sulla riva a Tebano, prima della diga steccaia.
D. Pare contradditorio il fatto che si allontanino gli ortolani dalle golene e che, contemporaneamente in altri tratti della stessa, si autorizzino il passaggio di pesantissimi mezzi cingolati e la coltivazione di frutteti.
Se questi sono i temi posti in luce, quali risposte si danno? Nessuna che abbia un carattere di ufficialità e che sia sostenuta da un sereno confronto che investa anche la cittadinanza. I tecnici dell’Autorità di Bacino si sono dichiarati a più riprese disponibili ad interloquire con i cittadini, ma nessuna autorità sul piano locale pare si renda disponibile ad invitarli e a favorire il confronto e l’informazione.
Pare che l’Ente che deve garantire la manutenzione dei fiumi sia in notevoli difficoltà economiche dovute ai tagli del Governo e che quindi non riesca a fare quanto necessario. Pare allora trovi conveniente appaltare il lavoro di taglio degli alberi, non a ditte specializzate del verde che, giustamente, occorrerebbe pagare, ma a coloro che cercano legna per alimentare le centrali a cippato di biomassa presenti nel territorio e che si prestano a fare il “lavoro” gratuitamente, ottenendono successivamente ristoro dalla vendita del legno ai padroni delle centrali stesse.
Uno dei risultati di questa scelta è quello sopra descritto e sotto gli occhi di tutti. Chiedo quindi: ma ne vale la pena? Siete sicuri che appaltando il lavoro ai predoni del legname si risparmi? Chiedo: chi paga il lavoro fatto alla Chiusaccia, causato probabilmente da come questi signori hanno lavorato? Inoltre, il legno che l’acqua del fiume riesce a trasportare giungerà al mare e alla prima mareggiata si riverserà nelle spiagge di Marina Romea e Porto Corsini. Chi pagherà il conto per la loro rimozione?
Concludo dicendo che questa vicenda ci insegna fondamentalmente due cose. La prima ci parla di un rapporto inesistente con i cittadini. Chi interviene in ambiti che rappresentano il bene comune dovrebbe porsi il tema della trasparenza. Innanzitutto informare, poi ascoltare e nel limite del possibile tenere conto delle obiezioni. Certo nel limite del possibile e del compatibile.
Il secondo aspetto, quello di maggior rilievo, investe il tema del legno inteso come carburante per le centrali elettriche a cippato di biomassa. Ne servirà una quantità enorme per produrre i circa 40 Mgw previsti nella nostra provincia. Se non erro si parla di 1700 tonnellate annue per ogni Mgw di energia prodotta. C’è da chiedersi cosa sarà dei nostri boschi e boschetti, piccoli o grandi che siano. Non sarà forse il caso di censirli e di proteggerli? E ancora. Si pensa forse di coltivare alberi nella nostra bella campagna così vocata alle produzioni alimentari? E’ facile prevedere che ci possa essere una guerra del legno. Si è pensato agli effetti sociali ed ambientali di questa situazione e a come prevenirla?
Un’ultima cosiderazione. Ogni albero accumula in se una enorme carica di energia – basta un fiammiffero per sprigionarla – ricavata dalla terra e dall’atmosfera da cui trae alimento e vita. Quindi, ogni albero ha anche un valore economico. Allora c’è da chiedersi: quando l’albero proviene da aree demaniali, in un certo qual modo è patrimonio collettivo e pubblico. Quindi il suo sfruttamento deve andare solo a beneficio di qualche speculatore privato? Oppure l’aggio deve ricadere sulla comunità intera?