SI contro il nucleare
I Paesi che hanno quote rilevanti di nucleare sono pochi. Il governo continua a dire che l’obiettivo è di coprire con il nucleare il 25% della produzione di energia elettrica. Questo richiederebbe di costruire non solo i quattro reattori EPR previsti dall’accordo Italia-Francia (per 8.500 MW circa) ma almeno altri quattro. A parte la Francia, nel mondo i Paesi che coprono una quota del 25 per cento dell’elettricità prodotta sono: la Svezia, l’Ucraina e la Corea del Sud.
La Francia consuma più petrolio dell’Italia. Nonostante l’elevata quota di produzione da nucleare nel settore elettrico (77 per cento nel 2008), la Francia presenta consumi pro-capite di petrolio superiori a quelli dell’Italia: 1,36 tonnellate di petrolio rispetto a 1,31. Non è vero quindi che lo sviluppo del nucleare riduce la dipendenza energetica dal petrolio.
Le importazioni di elettricità in Italia sono in massima parte da fonti rinnovabili. Nonostante la litania secondo cui l’Italia importa elettricità nucleare dall’estero, le quantità effettivamente da nucleare sono assai piccole. Nel 2009 l’Italia ha importato il 14,7 per cento dell’elettricità consumata e gran parte di questa è certificata da fonti rinnovabili; in totale solo una quota dell’1,5% del totale immesso in rete è di importazione da nucleare.
Il nucleare e il clima. Anche raddoppiando la potenza nucleare, l’effetto sulla riduzione delle emissioni di CO2 è limitato al 5 per cento. E si dovrebbe mettere in rete un reattore ogni due settimane da ora al 2030.
Il nucleare è una fonte molto limitata. Come visto altrove, il contributo del nucleare per coprire il fabbisogno energetico mondiale è di circa il 2 per cento. A questo livello di produzione, vengono utilizzate 65-70 mila tonnellate di Uranio all’anno. Secondo l’IAEA (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica di Vienna) le stime correnti delle risorse di Uranio “ragionevolmente certe” sono dell’ordine dei 3,5 milioni di tonnellate: dunque una quantità per coprire circa cinquant’anni di fabbisogno. Se a queste si aggiungono le risorse “dedotte” dalla valutazione delle analogie geologiche, allora la quantità sale a quasi 5,5 milioni di tonnellate. Dunque risorse per circa ottant’anni agli attuali livelli di consumo: se ci fosse davvero un “rinascimento nucleare” l’orizzonte temporale per l’esaurimento di queste risorse scenderebbe proporzionalmente.
La CO2 emessa dal ciclo dell’Uranio non è marginale ed è destinata ad aumentare. Anche dal nucleare vi sono emissioni di CO2: dall’estrazione in miniera dell’Uranio ai processi di arricchimento del combustibile arrivano i contributi principali. Per ogni kWh prodotto vi sono emissioni non nulle a seconda degli impianti utilizzati nei diversi casi; una analisi della letteratura scientifica mostra un ampio intervallo di valori con un valore mediano di 66 grammi di CO2 per kWh, valore maggiore delle emissioni dal ciclo di produzione delle fonti rinnovabili (circa 40 grammi per il solare e meno di 10 per l’eolico). Ad ogni modo, man mano che si esauriscono i giacimenti più ricchi di Uranio e si comincia a utilizzare quelli con densità via via inferiori, la quantità di roccia da estrarre è destinata ad aumentare per ricavare la stessa quantità di Uranio, facendo aumentare in prospettiva anche le emissioni di CO2.
(fonte: Green peace)