Tebano, conserviamo il suo paesaggio
Come spesso accade, domenica scorsa abbiamo camminato nelle nostre belle colline. Una zona particolarmente attraente dal punto di vista paesaggistico è quella attorno a Tebano. Il fiume, la chiesa, i casolari, la campagna, la collina, i colori conferiscono a quel contesto un’aurea di pace e di tranquillità. A chi non verrebbe in mente di averne cura e rispetto, di conservarla al meglio? Invece così non è.
Nel recente passato quella zona è stata infangata da una discarica di rifiuti e martoriata da alcune grandi cave. Col tempo quella discarica, a seguito della poderosa iniziativa di una pubblica opinione attenta, venne prima chiusa poi trattata per oscurarla alla vista e per contenerne i danni futuri. Contemporaneamente, una cava fece sparire alcune colline e zone boscose, cambiando la morfologia del terreno e dissestando il territorio. Per risanare la zona, nelle more del piano estrattivo provinciale, si stabilì che in quell’area doveva nascere un parco, il Parco della cava Falcona. Ad oggi, nemmeno l’ombra. Perchè questo ritardo? Sarebbe interessante che qualcuno dentro alla politica, capisse come stanno le cose e informasse i cittadini.
Lo scorso anno il paesaggio di Tebano ha poi subito l’assalto dei predoni del legno. La vegetazione del fiume, dell’area della Diga steccaia e della traversa del canale dei Mulini è stata maciullata da enormi macchine per farne cippato da bruciare a fini energetici. Tutto questo, accaduto nel silenzio più assoluto dei comuni e dell’Autorità del fiume; anzi, c’è chi sostiene, con la loro connivenza.
Oggi la zona attorno al fiume, complici anche le fiumane dei mesi scorsi, appare una landa desolata. Gli aspetti più evidenti del paesaggio sono costituiti dai detriti di ogni tipo presenti nell’alveo del fiume e dai sacchetti di plastica che sventolano come tantissime bandiere lacerate nei rovi e negli sterpi lasciati da chi ha abbattuto gli alberi.
Come se questo non bastasse, davanti alla chiesa, recentemente promossa a Basilica, fa bella mostra di se un’area Hera per la raccolta dei rifiuti dove questi vengono ammassati alla napoletana (i napoletani mi scusino). Condizione questa comune ad altre di queste “isole” collocate nelle colline faentine. Infatti, basta proseguire qualche chilometro per “gustarne” una, provvista di poltrone e sanitari, proprio nelle vicinanze di un celebrato (a ragione) agriturismo.
Concludo questa piccola saga degli orrori, annotando la presenza di una grande quantità di coperture in amianto, all’apparenza in pessimo stato di conservazione, sui tetti del Centro sperimentale; una struttura pubblica di notevole pregio nel campo della sperimentazione agricola. Struttura ampliata negli ultimi tempi con soldi europei finalizzati, badate bene, “al miglioramento della qualità della vita e allo sviluppo del turismo”.
Credo ce ne sia abbastanza per chiedere alle amministrazioni comunali interessate di mettere mano a questo problema; per chiedere alle forze politiche che presto si cimenteranno nelle elezioni amministrative di inserire nei loro programmi i temi della tutela del territorio; per chiedere ai cittadini elettori di votare per quelle liste e per quei candidati che esprimeranno con chiarezza il punto di vista ambientale.
ATebano ho trascorso la mia infanzia presso i nonni che abitavano al Plicotto per cui ci sono affezionatoe concordo con Domenico che chi di dovere deve intervenire per salvaguardare questo bel paesaggio.Nel fiume andavo con mio babbo a prendere la sabbia e la ghiaia in quanto prima di fare il trasporto col camion faceva ilbirocciaio.Altri tempi,direte voi,ma il paesaggio veniva piu’ rispettato.Spero che il Comune di Faenza si dia una mossa.