Politica

Ignazio Marino sindaco di Roma

Ignazio Marino alla Cnh di Imola
Ignazio Marino alla Cnh di Imola

Sono felice che Ignazio Marino sia sindaco di Roma, la città più grande del mondo. La sua vittoria è un poco anche il riscatto di quanti, militanti del Pd della nostra provincia, lo sostennero nell’ultimo congresso.

Si trattava del Congresso del dopo Veltroni. Alla faccia della costruzione di un partito sintesi delle culture popolare cattolica e social-comunista, scesero in campo Bersani e Franceschini, un ex comunista ed un ex democristiano. Poi Ignazio Marino, un uomo di scienze coinvolto nella politica dall’Associazione Italianieuropei. Apparve subito come la vera novità di quel congresso.

Lo ascoltai per la prima volta al bagno Fandango di Marina di Ravenna. Arrivò in ritardo, con uno zainetto sulle spalle, confuso fra gli astanti. Prese la parola e lemme lemme cominciò a parlare di laicità, di rinnovamento del partito, di nuova economia legata all’ambiente, di diritti civili, di solidarietà, di scuola e di cultura, di merito e di competenze. Effettivamente sembrò un marziano.

Successivamente lo incontrai a Imola davanti alla Cnh, azienda in crisi. Ascoltò con attenzione, assunse impegni, parlò di lavoro e di giustizia sociale; ricordo che incoraggiò un operaio che faceva per protesta lo sciopero della fame, non mancando però di chiedergli di non fare l’eroe e dispensandolo di diversi consigli di natura medica.

Assieme ad un bel gruppo di persone, lo sostenni nella campagna congressuale. Fu un’esperienza non esaltante nel corso della quale il gruppo dirigente della federazione provinciale si schierò compatto con Bersani. Tollerò Franceschini in ragione dello spirito compromissorio di storica data e considerò Marino un inutile impaccio. Ricordo con tristezza il clima che caratterizzò quelle assemblee. Ricordo di avere illustrato le tesi di Marino ad una folta assemblea di persone preventivamente contattate una ad una e indirizzate nel voto: presi tanti applausi, quanto quelli del sostenitore di Bersani, ma nessun voto per Marino. Così come ricordo le assemblee dove i presidenti aprivano le votazioni subito dopo l’illustrazione delle tesi di Bersani, o anche prima. Ricordo poi il leggero vento del dileggio e del sarcasmo e l’umiliazione morale di essere considerati un corpo spurio al partito.

Una storia questa che ebbe poi un seguito ancora più pesante nel corso delle primarie per l’elezione del presidente della Provincia, quando il gruppo dei mariniani si schierò, assieme ad altri, per Serena Fagnocchi.

Da allora è passata tanta acqua sotto i ponti. Altri dirigenti di questo partito, e di ben altro peso, hanno dovuto subire il peso di una lotta politica non proprio da educande.

Oggi, con la vittoria di Marino a Roma e con quella del centrosinistra in tutti i comuni, piacerebbe poter pensare e dire che le cose anche nel Pd stanno cambiando. Che si sta andando verso un partito nuovo come concezione e di sinistra nel senso della traduzione in chiave odierna dei valori del solidarismo cattolico con quelli popolari e progressisti del movimento socialista e democratico. Più tanto altro che di positivo si è manifestato in questi anni nel nostro campo e nel paese. Sarà così? Non so, vedremo.

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