Due parole fra di noi, per finire bene il lavoro
Giuseppe Casadio
Questa campagna elettorale agli sgoccioli, che prelude alla conquista di una maggioranza parlamentare di centrosinistra sia alla Camera che al Senato (ne sono convinto e voglio compromettermi dichiarandolo), è stata occasione per verificare che le persone ascoltano, e riflettono, se si è capaci di dir loro cose normalmente sincere e sinceramente appassionate. Anche quando sono difficili.
Non era scontato, dopo un ventennio di illusionismi; e non era scontato anche perché tutti gli altri contendenti, nessuno escluso, hanno fatto ricorso a piene mani a messaggi artificiosamente accattivanti, o tutt’al più a dichiarazioni assertive rilasciate con il tono e la faccia solenne di chi detiene -e come dubitarne?- la verità.
Un ipotetico archivio multimediale delle dichiarazioni rilasciate in campagna elettorale consentirebbe di stilare un catalogo molto esaustivo delle dabbenaggini dispensate con maggiore dovizia. Il novero delle imposte da abolire o da ridurre strutturalmente è già stato abbondantemente commentato; su quel terreno si è cimentato anche il rigoroso Presidente del Consiglio, inseguendo l’inarrivabile Berlusconi. Maroni sta edificando la nuova zecca per stampare moneta per la macro-regione. Qualcuno ha sentito Giannino affermare che il valore legale dei titoli di studio è già stato già abolito, così … che problema c’è?
Ma abbiamo potuto ascoltare anche affermazioni più sofisticate e culturalmente impegnative: l’ineffabile Monti ha dichiarato in una intervista televisiva (quindi c’è documentazione) “… io sono per natura sopra le parti … “. Per natura! E abbiamo potuto leggere su un recente editoriale pubblicato da “Italia futura.it”: “ … noi il rinnovamento l’abbiamo nel DNA …“, svelando così che se Luca Cordero di Montezemolo si trova a sedere nel board di grandi banche e in qualche decina di CdA, tutto dipende da una proteina che o ce l’hai o non ce l’hai; se ce l’hai i cittadini semplici devono affidarsi a te.
Di converso la campagna elettorale del centrosinistra è stata di tutt’altro segno; l’unico vezzo le metafore di Bersani. Ma soprattutto la preoccupazione per la situazione economico-sociale del paese, per il lavoro che manca, per le imprese che rischiano l’asfissia; e la chiamata a raccolta delle energie disponibili per un cammino che sarà ancora lungo, e che non prevede scorciatoie facili e confortevoli.
La rappresentazione che si sta qui facendo è certamente troppo sommaria, ma ciò che mi preme affermare è che il PD e il centrosinistra non potevano e non dovevano fare nulla di diverso da quello che, nella sostanza, hanno fatto, in questa campagna elettorale; e che si vincerà proprio perché si è parlato così agli italiani. La competizione elettorale è la necessaria premessa della prova vera, che inizia il giorno dopo lo scrutinio, e che si chiama azione di governo. Ed è fondamentale indicare agli elettori l’oggetto reale della sfida, anche perché sul piano degli effetti speciali, della rappresentazione immaginaria e consolatoria della realtà ci saranno sempre un Berlusconi più spregiudicato o un Grillo più irresponsabile di noi.
Per ciò mi risultano incomprensibili – oppure sbagliate – valutazioni ricorrenti, anche in alcune aree interne al nostro schieramento, secondo cui “…forse questa volta ce la faremo, ma dovremmo comunicare meglio … scaldare di più i cuori…”. Temo che simili considerazioni scontino, al dunque, la vecchissima vocazione minoritaria di una sinistra intellettualmente sofisticata e un poco aristocratica, ma per ciò stesso predisposta a rifugiarsi nella sconfitta.
Dobbiamo, invece, vivere le ultime ore di campagna elettorale con l’orgoglio di essere stati gli unici, in questi due mesi, a parlare con spirito di verità, e chiamando i cittadini a responsabilità; e con la consapevolezza che proprio per questo con la vittoria di domenica prossima si può davvero chiudere un ventennio di desolazione civile.
21 febbraio 2013