Sviluppo e cura della rete escursionistica nei tempi che cambiano
Nei giorni scorsi ho ricevuto l’atto di nomina a componente della consulta territoriale della Romagna Faentina per la rete escursionistica dell’Emilia e Romagna. Rappresento il comune di Castel Bolognese e questo mi fa piacere.
La consulta sarà uno strumento di supporto dell’Unione dei comuni e si occuperà delle “tematiche del censimento, recupero, valorizzazione, manutenzione e modalità di fruizione della rete escursionistica territoriale...” con lo scopo di “promuovere, favorire e coordinare le iniziative pubbliche e private rivolte alla valorizzazione economica, sociale, ambientale e turistica del proprio territorio ….”.
Fino a poco tempo fa per escursionismo si intendeva generalmente il camminare in montagna, per diletto. Oggi il concetto viene giustamente esteso anche alle città e alle periferie e collegato al turismo e all’economia. L’esigenza di ampliare il raggio di azione lo si deve, oltre che all’accresciuto desiderio di prevenzione e di ambientalismo, ad un portato della pandemia che abbiamo vissuto che ci spinge ad un rapporto diverso, maggiormente inserito, nel territorio generalmente inteso, a partire dalla campagna.
I temi che dovremo trattare sono quindi importanti, avendo a che fare con la qualità di vita delle persone e con l’economia dei territori. Rappresentando un Comune, ascolterò le indicazioni degli amministratori. Ciò nulla toglie al fatto che possa esprimere le mie opinioni, per arricchire il dibattito che penso non potrà essere solo tra “specialisti” della materia. E dire che, a mio parere, il primo tema da trattare credo sia quello dell’accessibilità.
Il problema dell’escursionismo, non è solo la rete e la sua manutenzione, ma ancora prima quello del potere accedervi. Se ho una bella rete escursionistica, ma non ci posso camminare perchè qualcuno non vuole, mi ostacola e di fatto me lo impedisce, a cosa serve la rete? Sono sempre più frequenti i gesti di intolleranza di questo o di quello contro chi cammina, adducendo, spesso, al molok dell’intangibilità della “proprietà privata”, oppure ad interessi che sono diversi da quelli dell’escursionista.
Traggo questa considerazione dalla mia esperienza oramai quarantennale di escursionista, nel corso della quale ho condotto gruppi di appassionati per centinaia di escursioni. Durante questo tempo ho avuto modo di constatare diversi problemi. Da quello della manutenzione, alla segnaletica di vario tipo che spesso si sovrappone e confonde, al conflitto con portatori di interessi diversi. Va detto che negli ultimi anni quest’ultimo problema è deflagrato e, per alcuni aspetti, oramai diventato insostenibile.
Penso che una possibile soluzione stia nel promuovere un patto fra le diverse categorie in campo, sostenendolo con una legislazione di scopo a livello regionale. Personalmente credo che un accordo si possa trovare. Credo che alla base debba starci l’impegno morale e sostanziale degli escursionisti al rispetto rigoroso del calpestato e di tutto ciò che lo circonda.
Aggiungo che all’escursionismo andrebbe sempre più associata l’idea del “territorio che parla”, promuovendo la cultura della conoscenza e la storia dei luoghi che si incontrano.
Ultimo tema che desidero toccare è quello dell’informazione, che deve essere non ridondante, ma meticolosa e veritiera. Spesso leggiamo info rese con tono propagandistico, spesso basate sulle parole e non sui contenuti. Si prospettano scene fantasmagoriche dietro le quali poi si scopre il nulla, o quasi. Questo fa male all’escursionismo, particolarmente nella versione che lo associa allo sviluppo del turismo lento.
A questi temi sarà dedicato il mio impegno nella consulta a cui sono stato chiamato a partecipare.
Alcune foto da “4 passi in appennino” (Castel Bolognese 1992 – 2001).