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Castel Bolognese e il turismo

Mercoledì scorso, durante un incontro per la celebrazione della Liberazione, ho conosciuto dall’assessore Luca Selvatici dell’intenzione dell’Amministrazione comunale di creare tre percorsi turistici, supportati da tre applicazioni scaricabili su tablet e cellulari.

I percorsi, se ho ben capito, riguarderanno:

  • il Museo all’aperto dedicato alle opere di Angelo Biancini;
  • i luoghi storici locali;
  • i personaggi che hanno dato lustro a Castel Bolognese.

Questa è senz’altro una bella notizia. Stiamo passando dalla fase in cui le amministrazioni pensavano che “Castello non ha il Colosseo”, e del “cosa centriamo noi col turismo”, ad un ragionamento più concreto e lungimirante. Certamente arriviamo in ritardo, per dirne una percorsi di questo tipo in Veneto e Friuli sono attivi da oltre un decennio, ma non è ancora troppo tardi. 

Considerare che esiste un pubblico molto ampio e variegato che preferisce, o accomuna ad altri modelli, il turismo dei luoghi, delle esperienze della particolare vivibilità dei piccoli centri significa prendere atto di una realtà che ben si sposa al tema della riconversione ecologica della nostra economia e agli obbiettivi del recovery plan ottenuto dal governo Conte. Quindi ben venga che Castel Bolognese decida di salire su questo treno in passaggio.

Al punto in cui siamo e curioso di conoscere meglio questo importante progetto, mi permetto di offrire un contributo alla discussione. Vorrei toccare due punti.

Un progetto di questo tipo dovrà vedere protagonista la Pro Loco, associazione nata con scopi di promozione e sviluppo del territorio. Penso lo richiedano le ragioni statutarie e anche la conseguenza del fatto che il modello delle Sagre, terreno sul quale l’Associazione si era specializzata, temo che ancora per lunghi anni incontrerà problemi. 

Il secondo aspetto che vorrei toccare è quello dei vettori che possono portare turismo a Castel Bolognese.

Uno è costituito senz’altro la stazione Fs. Come in passato si è detto, è stata ristrutturata prevedendo l’intermodalità treno-bici, con una serie di servizi a supporto. Sarebbe interessante sapere a che punto siamo. Quando sarà funzionante sarà senz’altro una buona cosa particolarmente se dalla stazione potrà partire un percorso ciclabile. A suo tempo ne è stato suggerito uno di 21 chilometri (Scodellino, fiume Senio, diga steccaia leonardesca, piazza di Castel Bolognese) a mio parere molto valido.

Un secondo vettore, ancora più importante, potrà essere costituito dalla ciclo via del Senio. Un progetto del quale non si parla da almeno un anno e che sarebbe auspicabile potesse essere ripreso celermente. Quel progetto – dalla collina al mare in bici lungo la vallata – per mille ragioni – storiche, culturali, paesaggistiche – contiene in se una forza dirompente e ben individuabile. Lo dimostrano l’esperienza del comune di Castel Bolognese, che sarà rinforzata dal nuovo investimento in corso di realizzazione, e il lavoro compiuto da anni da alcune Associazioni che hanno dimostrato come il nostro fiume possa essere un teatro di cultura e di ricerca per esperienze innovative e di avanguardia.

Infine occorrerebbe riconoscere che i progetto di realizzare un’area naturalistica nelle zone delle future casse di espansione del Senio, previsto dalla VIA, e quello altrettanto interessante teso a valorizzare i meandri del Senio fra Ponte del Castello e Ponte di Felisio, portano linfa vitale all’idea di sviluppare il turismo a Castel Bolognese, e in tutti i comuni della vallata. Quello che necessita è che la politica faccia la sua parte, che i nostri rappresentanti eletti interpretino e traducano in progetti reali e finanziati le tante buone idee che sono in giro.

Castel Bolognese – La ciclo via del Senio.

 

2 commenti

  1. Credo di sapere qualcosa a proposito della vecchia turbina del Mulino di Mezzo. Prima di tutto: il mulino di Mezzo è l’ex mulino di Badiali??? se è quello, so che all’inizio del 1900 lo zio di mio padre (notaio Antonio Bosi) don Francesco Bosi, in società con Pietro Garavini detto Pirat (vecchio anarchico storico di Castello e gestore di un’osteria) installarono quella turbina per alimentare le pompe della cantina di proprietà comune e per alimentare le macchine della salumeria Bosi in via Borghesi dove abito attualmente.
    Quella fu la prima installazione elettrica a Castel Bolognese. Quando il paese fu raggiunto dalla rete elettrica pubblica, ovviamente la turbina venne abbandonata.
    In anni di violenti conflitti ideologici, stupisce la amicizia e la collaborazione tra un giovane prete con un vecchio anarchico. Evidentemente le comuni radici castellane erano un cemento più forte dell’ideologia.

    1. La ringrazio per il commento. Si, il Mulino di Mezzo era l’ex mulino Badiali. Quello sulla via Emilia si chiamava Mulino della Porta. La foto della turbina a corredo dell’articolo da lei letto è stata scattata al Mulino di Mezzo poco tempo fa. Quello che racconta è interessante sotto diversi punti di vista e, penso, degno di essere sviluppato in maniera da potere trovare il suo spazio nella storia di Castel Bolognese. Se mi permette, la prossima settimana la contatterò per uno scambio di idee. La saluto cordialmente. Domenico Sportelli

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