La piazza e Renzi
Trovo criticabile che la bella manifestazione del PD di ieri per la ricostruzione dell’Italia, sia stata sporcata da quel gruppo di democratici che hanno insultato Renzi. Trovo sbagliato che il segretario Bersani non abbia ritenuto minimamente di stigmatizzare di fronte alla piazza l’accaduto. Mi chiedo cosa significhi il fatto che, mentre si fa la corte a Casini, non si tolleri Renzi. Purtroppo in questo partito che si chiama e vuole essere democratico, simili episodi sono frequenti e dovrebbero fare riflettere. Sia che siano rivolti contro Renzi, che contro D’Alema o Veltroni. Un vizietto questo pare molto diffuso, che ci ha toccato anche a Ravenna, allorquando, dopo le primarie per il presidente della Provincia, un gruppo di giovani del Pd non trovò di meglio che dileggiare pesantemente Serena Fagnocchi dalle pagine di Facebook.
Ho ascoltato tempo fa Renzi a Faenza in una sala Zanelli, nel centro fieristico, stracolma come mai l’avevo vista. Significherà pur qualcosa questo, così come la presenza a Firenze di Del Rio, sindaco di Reggio Emilia, del vice di Errani, del sindaco di Faenza e di metà della sua giunta, tanto per restare vicino a noi. Vogliamo dire che sono tutti venduti al nemico e, peggio, dei traditori? A Faenza Renzi fece un intervento, debbo dire molto applaudito, nel corso del quale sfoggiò in parte la sua tecnica comunicativa. A me parve non meno efficace e certamente non meno degna delle barzellette. Renzi ha poi via via espresso posizioni sempre più moderate – condite con qualche bischerata come quella di andare ad Arcore -, molte delle quali per me assai discutibili, ma non per questo meno degne di trovare cittadinanza nel Pd. E’ fuor di dubbio che nel Pd esista una consistente area critica non riconducibile ad un fronte unico. Nessuno può far finta di nulla. Tocca ai dirigenti operare perché il dibattito si sviluppi dentro la cornice, senza scomuniche; tocca poi ai dirigenti sapere produrre il livello di sintesi più alto possibile.
Se il nuovo avanza nel segno del degrado …
pubblicata da Pier Domenico Laghi il giorno mercoledì 8 dicembre 2010 alle ore 20.07
Si è scatentato un dibattito, abbastanza forsennato, sulla notizia (che cihissà perché doveva rimanere riservata – in nome della trasparenza probabilmente!) della visita (purtroppo termine ambiguo se riferito alla Villa di Arcore) di Matteo Renzi (come Sindaco di Firenze) alla residenza privata del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Se un cittadino va a casa di un altro cittadino liberamente sono fatti suoi; se un Sindaco va nella casa privata di qualcuno come Sindaco è un fatto pubblico, qualunque ne sia la ragione, per questo è un atto da valutare pubblicamente.
Purtroppo (essendo le giustificazioni addotte un’aggravante) la visita del Sindaco di Firenze ad Arcore è da valutare negativamente, ma non per ragioni che attengono all’opportunità politica, nè per ragioni etico-morali e nemmeno per questione di immagine, ma perché è stata una ulteriore tappa del degrado istituzionale e politico del nostro Paese e l’affermazione di un metodo di procedere più simile alla cultura della mafia che di un potere democratico.
Se il Sindaco di Firenze deve chiedere legittimamente interventi governativi per la sua città deve utilizzare gli strumenti che la Costituzione e l’ordinamento dello Stato mettono a sua disposizione, in maniera trasparente e nelle sedi opportune. Altrimenti si afferma il medoto della richiesta di piaceri al potente di turno: oggi il Presidente del Consiglio, domani l’affarista locale, dopodomani qualche amico degli amici e così via, in progressivo degrado di civiltà democratica.
Ma quella di Renzi non è stata un’ingenutà da principiante, già come Presidente della Provincia di Firenze, aveva dimostrato (quanto meno) scarsa attenzione alla corretta amministrazione e alla trasparenza, almeno stando alle notizie che emergono, sia pure con fatica, dalla sua precedente esperienza. Ne richiamo di seguito una, da verificare ma apparentemente fondata.
“Una ventina di assunzioni irregolari di ‘esterni’ con un danno erariale di 2 milioni e 155 mila euro. E’ quanto contesta la procura della Corte dei Conti della Toscana alla ex giunta provinciale di Firenze, che era guidata dall’attuale sindaco di Firenze Matteo Renzi. Gli assunti entrarono negli staff di Renzi e dei suoi assessori, fra cui l’attuale presidente della Provincia Andrea Barducci. Stamani si e’ svolta l’udienza. Secondo la procura, alcune delle persone assunte non erano in possesso dei requisiti richiesti, come la laurea, oppure erano ‘doppioni’ rispetto a figure professionali gia’ presenti in Provincia. Trenta le persone ritenute responsabili: oltre alla giunta, anche una serie di dirigenti provinciali. Le persone assunte – tutte a tempo determinato – vennero impiegate per lo piu’ negli uffici di gabinetto e nelle segreterie dei componenti della giunta.”
Se il nuovo avanza nel segno del degrado è pura operazione di potere e trasformismo, ma per i cittadini è sempre la stessa melma che viene rimestata.
E’ meglio sottoporre le fideistiche esultanze dei rottamatori per il nuovo modello Renzi al vaglio di un’umile ma seria riflessione prima di esaltare un nuovo che puzza tanto quanto il vecchio