Gita a Crespino del Lamone
Ieri ci siamo aggregati all’Associazione dei genitori di Castel Bolognese promotori di una escursione a piedi a Crespino del Lamone. Abbiamo fatto questo percorso: in treno da Faenza (partenza ore 8,20) fino a Crespino. Da qui a piedi, su fino alla Capanna dei Prati Piani (sentiero 531), poi a sinistra lungo il 551, fino ad incontrare il 547, percorrendo il quale siamo discesi a Crespino giusti in tempo per prendere il treno della 14,44 che ci ha riportati a Faenza.
Una bella gita che racconto così.
Biglietti alla Stazione di Faenza (AR poco meno di 9 euro a persona), personale cortese, macchine piuttosto lente.
Treno – del compartimento toscano – pulito, accogliente, con aria condizionata e display informativo, spazio bici, puntuale.
Riposante vista sulla verdissima valle del Lamone, un tesoro naturalistico ed ambientale.
Crespino, 30 famiglie che non hanno paura della solitudine e che resistono; bar-bottega aperto con gradita sosta sia all’andata che al ritorno.
Si sale, prima su sentiero e poi su stradello fin dopo al passo sopra a Bibbiana, con la bella sorpresa di vedere tante mucche al pascolo.
Poi si prende il sentiero su un bellissimo crinale di arenaria e roccette fino ad inerpicarsi con piccoli tratti dove occorre aiutarsi con le mani (1° grado?).
I ragazzini si mostrano disciplinati, bravi e coraggiosi, e anche gli adulti pur in presenza di un vento che spirava fortissimo, fino a farci barcollare. Qualche leggero scricchiolio – non solo alle ginocchia – solo a fronte delle folate più violente, nei passaggi più delicati; ma tutto superato con la solidarietà del gruppo e lo spirito delle persone serene.
Ai bordi del sentiero, due ali di piante in fiore: ginestre, gigli “martagone”, borragine e tantissime altre essenze. In mezzo al sentiero cacche di volpe.
L’erba alta, mossa dal vento, ci ha, a volte massaggiato con dolcezza, altre volte sferzato con violenza. Comunque, a pensarci bene, una bella sensazione.
Dopo il miraggio della capanna, la capanna reale (finalmente); 500 metri, il dislivello in salita.
E’ aperta, accogliente, non troppo curata; ma chi deve curarla se non chi la visita e se ne serve ogni giorno?
Accendiamo il fuoco ed arrostiamo salsiccia. Allegria.
Ritorno.
Ottimo sentiero, quasi pianeggiante nella prima parte.
Poi i leggeri saliscendi per superare le creste che formano il rio della Bedetta.
Qualche ruscello con poca acqua… e prova di tenuta delle scarpe.
Un lungo tratto sotto una bellissima, fitta faggeta; pare sera, clima fresco e generale apprezzamento.
Qualcuno sente odore di funghi, cominciano i fuori pista.
Qualche gialletto, poche russole aurate, alcune amanite, una mazza, un porcinello.
Poi il sentiero taglia un campo di fieno sopra Casaglia e si presenta abbastanza (troppo) invaso da rovi.
Arriva una pineta – che a queste latitudini ci sta come i cavoli a merenda -, torna il caldo.
Ora scende, di brutto… e si nutre di alcune ginocchia scricchiolanti.
Infine l’asfalto, le prime case del borgo … e il bar che ancora ci aspetta, non invano. Ci incuriosisce la scritta sulla porta. In un prossimo fine settimana qualcuno -probabilmente emigrato al nord- tornerà a festeggiare un battesimo. Tutta la popolazione è invitata al rinfresco al bar.
La signora ci saluta e ci invita a tornare.
Ritorno in treno come all’andata.
Alla Stazione di Faenza tutti felici e sereni. E la prossima?