Congresso Pd, almeno un punto fermo
La crisi-non crisi di Governo di inizio ottobre e il triplo salto mortale in Parlamento. La dialettica esplicitamente apertasi nel PdL-Forza Italia rediviva. Le ultime (non ultime) vicende giudiziarie di Berlusconi, che comunque ne stanno destabilizzando la leadership. Questo ed altro si agita in un settore fondamentale dell’agone politico e parlamentare.
Ma anche altrove c’è movimento. Il frenetico imperversare dell’ allucinato capo di una variegata fazione, che pure alle elezioni di qualche mese fa si è qualificata come il secondo partito negli orientamenti dell’elettorato, sta portando a galla nella propria compagine intrinseche antinomie politiche, valoriali e identitarie. Un sommovimento progressivo ma inesorabile.
Fuori dal teatrino le sofferenze sociali, la faticosa resistenza alla crisi del sistema economico, i drammi umani a cui assistiamo quasi inebetiti, il senso di un paese che annaspa in una quotidianità difficile e fatica a riconoscersi in una identità più grande, l’Europa, che pure è stata orizzonte attrattivo nel nostro recente passato e che oggi appare sfuocata e distante.
Cambiamento è nozione ormai abusata, perciò può apparire rituale e poco significativa, ma è necessario prendere coscienza del fatto che quanto avverrà nei prossimi mesi, nel bene e nel male, è destinato a cambiare il nostro panorama politico. E che nella fase evolutiva che si è aperta la sinistra può e deve trovare il proprio percorso, un rinnovato protagonismo.
La sinistra; ecco il lato che manca per completare la sintetica rappresentazione che stiamo qui tratteggiando. La sinistra oggi è incerta, in difficoltà nonostante i ruoli istituzionali a cui assolve. Il progetto di centrosinistra proposto alle ultime elezioni è entrato in crisi con l’insorgere della “strana maggioranza”. Il PD è oggettivamente il perno degli attuali assetti istituzionali, ma appare ancora quasi stordito dalla “mancata vittoria” elettorale e dalle vicende che ne sono seguite. Così le funzioni istituzionali che ricopre appaiono più un frustrante vincolo a cui sottostare, che l’esercizio autorevole di una essenziale responsabilità politica. Soprattutto si palesa la mancanza di strategie programmatiche a cui orientare la quotidiana azione di governo.
Nel contempo si sta avviando il percorso congressuale con toni e modalità che rischiano di chiudere ancor più il partito in un universo separato. Tra i sensi unici invertiti (???) della simbologia adottata dal sindaco di Firenze; e lo stupefacente politicismo di chi, dichiarandosi trasversale rispetto alle correnti (il cosiddetto “campo democratico”), si dedica principalmente a consultare il calendario per stabilire la data più giusta per future elezioni politiche.
Eppure si potrebbe rintracciare, in questa concomitanza, una occasione importante e favorevole. Il Congresso dovrebbe dedicare il massimo impegno a ridefinire l’identità culturale e strategica di un grande partito della sinistra oggi, le forme del suo radicamento nella società, le sedi e forme della sua vita democratica, le connessioni fra sé e gli altri partiti della sinistra europea. E, conseguentemente, le direttrici programmatiche fondamentali a cui ispirare la propria azione, al governo e nella società.
Di certo il congresso non potrebbe eludere le questioni che si pongono qui ed ora, a partire dal diretto impegno nel governo attuale, in coalizione con la destra berlusconiana. Ma evitando il rischio di ridurre il tutto ad una sofferta e ambigua (o strumentale) discussione su ciò che è stato dalle elezioni di febbraio in poi. Si può fare, se si guarda ai problemi reali piuttosto che alle convenienze congressuali.
Di fronte al Parlamento e al governo Letta -soprattutto di fronte al paese- stanno alcune scadenze dirimenti: la Legge di stabilità, una nuova Legge elettorale, le elezioni europee e, a seguire, il turno di presidenza italiana della UE con le responsabilità che competono alla presidenza di turno in virtù dei nuovi trattati. Perché non adottare, da parte di tutti i candidati alla segreteria del PD, alcuni orientamenti condivisi: la Legge di stabilità deve essere caratterizzata da misure forti a sostegno della ripresa economica e sul piano dell’equità sociale; per una nuova e civile legge elettorale è urgente portare a rapida conclusione il lavoro avviato in Commissione sulla base delle proposte da tempo avanzate dal PD; sarebbe una sconfitta per tutti se l’Italia giungesse al turno di presidenza, subito dopo le elezioni europee, in una situazione di incertezza ed instabilità politica che minerebbe ulteriormente la nostra autorevolezza sullo scenario internazionale.
Obiettivo di tutto il PD dovrebbe dunque essere di operare per sostenere il governo Letta fino al termine del semestre europeo (dicembre 2014), ponendo noi, in esplicito, le condizioni qualificanti le direttrici, il programma per l’azione di governo. Nulla sarebbe, comunque, garantito; se la galassia di centrodestra vorrà dettare ulteriori condizioni incompatibili, l’anomalia politica che segna questa fase andrà a conclusione anche ora, ma nella chiarezza, se sarà tutto il PD a dichiarare ad alta voce quali siano le discriminanti che la motivano. E risulterà anche più chiaro al popolo della sinistra che responsabilità non è necessariamente sinonimo di compromesso al ribasso.
Di una cosa, comunque, è utile prendere coscienza: la fase di movimento in cui la situazione politica è entrata ci propone molte sfide, ma non è per noi, e per l’Italia, più difficile del ventennio del grande gelo che abbiamo alle spalle. Anche da questa consapevolezza nostra dipende come sarà il futuro.
Giuseppe Casadio