La tragedia di Sant’Alberto ci parla
La tragedia di Sant’Alberto – il babbo che uccide il figlio perchè mangiava, chiedeva soldi e non lavorava – richiama il tema dell’autocontrollo sociale nel territorio. Dicono i vicini di casa e alcuni conoscenti dell’assassino che da tempo c’erano avvisaglie di qualcosa che poteva tramutarsi in tragedia. La domanda che dobbiamo porci è: perché nulla è stato fatto? Se nulla è stato fatto, come pare dalle notizie di stampa. E chi doveva muoversi?
Viviamo in una società che ci spinge verso l’individualismo. Quel che conta è la persona e il proprio status: economico, relazionale, apparente. Pensare a se stessi, fregarsene della condizione del nostro vicino, fare finta di non vedere nulla di ciò che ci accade attorno è ormai nel dna di troppe persone.
Assistiamo ad una situazione di imbarbarimento dei rapporti sociali e interpersonali. Siamo spinti ad avere paura del diverso e in genere di coloro che non corrispondono al nostro modello ideale. Spesso siamo infastiditi dalla miseria, dalla sofferenza, dalla solitudine che vorremmo non vedere. Siamo sempre più insofferenti verso coloro che ci richiamano al rispetto delle regole di vita.
Prevenire tragedie come quella di Sant’Alberto significa impegnarsi per ribaltare questo schema, riaffermando la cultura dei valori; è quindi un tema di natura politica e sociale.
Dobbiamo ricostruire il tessuto relazionale nei territori in cui viviamo. Spetta alla politica e alle pubbliche amministrazioni, al nostro sistema di welfare, muoversi verso questa direzione. Non possiamo più aspettare.
Una delle cose più importanti da fare è quella di promuovere l’idea e la prassi della vigilanza attiva nel territorio in cui si vive. Certo, guidati in questo dalle nostre amministrazioni comunali. Vigilare attivamente vuol dire essere attenti nel comprendere le varie situazioni di disagio delle persone con le quali veniamo in contatto; non voltarsi dall’altra parte, farsi carico del problema. Col dovuto rispetto, con attenzione, avendo cura di rispettare la privacy, si può, e si deve, entrare in contatto con la persona interessata, oppure segnalare la situazione a chi si ritiene possa fornire un aiuto. Possono essere, secondo i casi, i parenti della persona oggetto della nostra attenzione, oppure l’assistente sociale, i Vigili urbani, gli stessi Carabinieri.
Penso che le istituzioni stesse debbono avere maggiore cura di questo problema. Cosa possono fare? Due cose: aumentare il numero delle persone addette all’assistenza sociale, riconvertendo parte dei tanti impiegati che stanno negli uffici; collegare maggiormente al territorio la figura degli assistenti sociali.
caro Domenico concordo col tuo scritto,bisogna però che lo ricevano chi di dovere,cioè quelli che tu hai citato.Ciao