A favore dei pini
Non passa giorno che a Castel Bolognese non si vedano grandi alberi ornamentali martoriati o abbattuti. Forse in qualche caso il “sacrificio” può dipendere dal fatto che la sua collocazione originaria sia stata errata, in tanti altri casi però non è così. Allora, il problema vero, è la mancanza di regole.
Gli alberi sono parte del patrimonio di una città. Il loro trattamento dovrebbe avvenire nell’ambito di norme precise che garantiscano la salvaguardia di questo patrimonio, la sua conservazione e il suo sviluppo. A Castel Bolognese queste regole mancano. Occorrerebbe rimediare in fretta
Recentemente nella stampa locale, l’assessore all’ambiente ci ha reso noto alcune notizie molto importanti. A) Sarà fatto un censimento degli alberi. B) Ci sono molti tigli malati causa potature sbagliate (capitozzature) degli anni novanta. C) Fra questi, solo 30 nel viale della stazione sui quali saranno fatti accertamenti per poi decidere quale strada prendere.
Mi sono permesso di fare qualche domanda all’assessore; sono in attesa delle risposte. Ho chiesto se nella previsione di quanto si intende fare si abbia l’intenzione di ascoltare il parere del Servizio regionale fitosanitario, disposto ad offrirlo gratuitamente. Ho poi chiesto se si pensa di mettere a dimora i liquidambar mancanti in via De Gasperi, uno dei viali più belli di Castel Bolognese.
Ho ricordato che a Faenza, alla conferenza promossa dal Comune sul verde, l’agronomo specialista affermò che la vita degli alberi maturi risiede negli ultimi anelli, ragione per la quale un albero cavo non è di per sé sempre pericoloso. Disse poi che in determinate situazioni, mettere un albero piccolo al posto di quello grande, abbattuto, potrebbe non crescere. Temi sui quali certamente riflettere.
Circa l’argomento del viale della stazione mi chiedo, prima di procedere ad interventi importanti, se non sia il caso di mettere in campo una nuova opzione. Quella di pensare, nell’arco del prossimo decennio, alla completa sostituzione di tutte le attuali piante e quindi a ridisegnare il nostro bel viale. Ci sarebbe tutto il tempo per discuterne apertamente e per pensare alla migliore soluzione, salvaguardando un punto fermo: dovrà mantenere le caratteristiche di un elemento identitario della città e dei cittadini.
Torno per un momento sui pini abbattuti per dire che da quando se ne parla, sono portato ad osservare meglio cosa c’è in giro. Debbo dire che le città confinanti con Castel Bolognese, sono ampiamente ornate da pini marittimi. E che non mi risulta che nessuna amministrazione pensi di abbatterne.
A Faenza, di fronte all’Ospedale in direzione della stazione FS, c’è una bella foresta di pini che ha resistito molto bene alle intemperie (a sinistra c’è un belissimo viale di tigli, mai capitozzati che ci dicono come sarebbe il nostro viale della stazione se non fossero intervenute mani improvvide). Vedo poi tanti pini piegati, anche sopra le auto in sosta, che nessuno pensa di abbattere. E che dire dei bei pini che da molti decenni se ne stanno ben piantati alla Serra?
Penso che a Castel Bolognese si sia esagerato nella demonizzazione di questa pianta. Forse è il caso di evitare che continui la loro distruzione. Non vedo poi che sia dannoso, nel nome della diversità biologica, tornare a mettere a dimora queste belle piante, certamente nei luoghi più appropriati.
Concludo invitandovi a leggere la poesia di un’anziana donna castellana, colpita dal massacro di alberi perpetrato nel nostro fiume. A me ha molto colpito. Vi invito a commentarla e, se lo ritenete opportuno, a diffonderne la conoscenza.
non mi sembra un’idea condivisibile quella di ridisegnare il viale togliendo tutti i tigli e sostituendoli con (necessariamente) alberelli che tali rimarranno per decenni !
il viale con i tigli come tale si, come memoria storica si, ma soprattutto un viale che e’ quello che ha cresciuto piu’ di una generazione e che vuole,deve accompagnare quelle nuove…
un’idea, quella di spianare tutto e ripiantumare con alberelli infanti, che strappa e violenta
la percezione del paesaggio che radica fortissima in tanti castellani e questo vale per tutti coloro che vivono il territorio come parte di se.
Questa percezione e’ come una parte del corpo (in questo caso mentale) della quale chi la possiede non puo’ farne a meno e chi non la possiede forse non saprebbe neppure che farsene.
voglio sperare che chi ci amministra sappia trattare la cosa pubblica come qualcosa di spessore ben maggiore, ad esempio, di quello della prospettiva (miope) di chi vede in questi tigli solo mancanza di sole e foglie secche.
Nella mia esperienza ho sentito di chi voleva radere al suolo il ‘parco della contessa’,di chi voleva lottizzare (forse qualcuno lo chiamerebbe ‘valorizzare’) il prato della Filippina, di un anziano signore che per far crescere 2 cavoli voleva uccidere quell’unica,splendida e maestosa quercia di casa ‘Sangiorgi’ proprio all’incrocio di viale Roma col viale del cimitero ecc. :
questo e’ stato fermato,ma non e’stato fermato l’abbattimento indiscriminato di tantissimi pini domestici,di cedri o la trasformazione di questi in penosi scheletri ,belli solo per le tasche di chi ha fatto il lavoro.
io penso che,a ben vedere, l’ingegnerizzazione di un equilibrio tra diverse esigenze si puo’ trovare,senza prescindere pero’ dal rispetto dell’altro e degli alberi stessi