Occorre più industria
Omsa, Centerplast, HS Penta. Ultimamente si è aggiunta la Dister alle aziende industriali in crisi a Faenza. E chissà quante altre che non fanno notizia. Millecinquecento posti di lavoro persi negli ultimi due anni, ha detto il sindaco a Firenze al convegno di Renzi e Civati. Ne parlo perchè riguarda tutti, non solo Faenza. La chiusura delle fabbriche significa impoverimento del territorio. Già si avverte ora, ben peggio sarà quando alla cassa integrazione in deroga seguiranno i licenziamenti.
Ci troviamo di fronte ad una fase di grande difficoltà del tessuto produttivo locale, nonostante che in questi anni buona parte del territorio abbia cambiato volto. La forte riorganizzazione della rete commerciale e il netto sviluppo della logistica, non hanno fatto il miracolo di attutire gli effetti della crisi. Occorre altro.
Non c’è dubbio che il primo impulso dovrebbe venire dal Governo, nel senso di sapere indirizzare una nuova fase di sviluppo, ma l’implosione della maggioranza e del suo premier lo sta impedendo. Intanto però, a livello locale, non possiamo solo gestire gli effetti della crisi. Il sistema delle autonomie locali deve reagire con le idee e la voglia di fare. Io credo che sia giunto il momento di lavorare per un forte rilancio del settore manifatturiero, ossia dell’industria. La trasformazione dei prodotti e delle materie prime è stato uno storico volano di sviluppo per l’economia locale. Bisogna ritrovare lo spirito e la voglia di fare degli anni sessanta. Abbiamo visto che l’economia legata alla finanza ha prodotto guai enormi, occorre tornare rapidamente all’economia del lavoro. Del sapere e del saper fare. Negli anni sessanta un buon numero di imprenditori locali, ben sorretti dalle amministrazioni di allora, intrapresero una forte politica di sviluppo industriale. Si avvalsero della collaborazione di bravi tecnici, promossero una qualificata scuola professionale che sfornò per anni operai e tecnici di valore. Decine di aziende svilupparono prodotti di avanguardia, spesso venduti in tutto il mondo. Si ebbe una lunga fase di sviluppo e un maggiore benessere per tutti.
I tempi sono cambiati, le storiche famiglie d’un tempo, promotrici di quella rivoluzione industriale basata sulla qualità, hanno trovato difficoltà nella continuità. Al loro fianco però altre aziende medie e piccole sono sorte, una nuova classe di imprenditori e un nuovo management si sono consolidati. E’ a questi che oggi la politica e la pubblica amministrazione deve guardare con maggiore attenzione. La leva fondamentale da muovere è quella della qualità: qualità dei prodotti, qualità degli impianti e qualità del lavoro. Qualità sostenuta adeguatamente dall’istruzione, dalla ricerca, dalla cultura. In una parola dai giovani, che debbono tornare ad essere al centro dell’interesse delle imprese e della politica. E’ in queste direzioni che bisogna indirizzare rapidamente gran parte delle risorse anche economiche disponibili.