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Un boschetto da conservare

Il boschetto
Il boschetto

Ho incontrato un amico che è andato sul posto e mi ha inviato una scheda che riporto integralmente di seguito. Non prima di averlo ringraziato.

In agosto scrissi di un boschetto a Biancanigo, in fondo a via Rossi. Mi impegnai ad informarmi se, oltre che caratteristico e bello, avesse anche un pregio botanico. Ora abbiamo una risposta che spero sia valutata con cura da chi di dovere.

“Fra l’oratorio Rossi e il vicino fiume Senio, a fianco della carrareccia erbosa che sale allo stesso argine, si sviluppa una striscia di vegetazione che è in parte il residuo dell’antico parco di Villa Rossi, fatta saltare dalle truppe tedesche il 17 dicembre 1944, e in parte di successiva evoluzione spontanea.

La prima parte è più importante, perché di valore storico, o quantomeno memoriale e testimoniale, oltre che botanico: vi si trovano alcune essenze di tipo mediterraneo, un tempo sempre piantate nei parchi delle ville ottocentesche in quanto molto apprezzate per il loro abito sempreverde; è il caso del leccio (Quercus ilex), di cui restano due vecchi e discreti esemplari, dell’alaterno (Rhamnus alaternus) e della fillirea (Phillyrea latifolia); quest’ultima è rara in Romagna, sia allo stato spontaneo (risulta segnalata solo in ambienti rupestri della collina, ad esempio sulla Vena del Gesso) sia come pianta coltivata, reperibile appunto solo in qualche antico parco; l’alaterno, per quanto non rarissimo, è protetto come specie dalla legge regionale n. 2/’77 sulla flora spontanea. Oltre ad esse, sempre per l’impronta mediterranea che conferiscono al luogo, vanno citati il ligustro (Ligustrum vulgare) ed il laurotino (Viburnum tinus).

Non mediterranee, ma sempre residuali dell’antico impianto di Villa Rossi, sono altre essenze come il tasso (Taxus baccata), di cui resta un esemplare notevole per dimensioni ed età (la specie è caratteristica per l’accrescimento assai lento) l’acero campestre e il tiglio; nello strato arbustivo sono presenti anche bosso e lillà.

Potrebbe invece esser spontanea la roverella (Quercus pubescens) che mostra qualche esemplare relativamente giovane. Naturalmente, con l’abbandono si sono aggiunte più di recente altre specie come sambuco, robinia, sanguinella, vitalba. Interessante nel “sottobosco”, sotto i lecci, la presenza di una pianta erbacea non comunissima come la celidonia (Chelidonium majus), limitata di solito ad ambienti ombrosi e freschi su suolo ricco di azoto.

La striscia è degnissima di esser conservata così com’è, con il suo misto di naturale e di piantato. Ci si può limitare alle normali operazioni di pulizia, eliminando, com’è logico che sia, giusto quegli elementi esteticamente sgradevoli: rovi e vitalbe sul bordo (tenderebbero ad espandersi e non hanno un pregio naturalistico né documentario del luogo), ramaglie secche e residui di sfalci o di potature gettati qui oltre a qualche banale rifiuto.”

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