Rino Gennari

Nel 1938, a sei anni, iniziai a frequentare la scuola elementare. Smisi alcuni mesi prima della fina della quinta, ma mi concessero la licenza perché, dissero, la meritavo. Alcuni mesi prima dell’inizio delle elementari, cominciai a lavorare presso l’azienda di pompe funebri di miei zii. Nei primi tempi si limitavano a chiedermi di portare loro un attrezzo di lavoro, a mandarmi a comprare le sigarette, a guardare l’ora nell’orologio del municipio, a passare la vernice di base alle bare di minor costo. Ma intorno ai sette anni già raschiavo con un sasso di smeriglio le lettere delle lapidi di marmo da riciclare. A nove anni ho cambiato lavoro. Mio padre mi volle con se nella bottega da meccanico di riparazione biciclette. Dai sei anni, nei mesi scuola lavoravo al pomeriggio e in quelli di vacanza, tutto il giorno. Questo lavoro è finito nel dicembre 1944, all’arrivo delle prime granate dal fronte. Da quando sono nato fino a poco dopo il passaggio del fronte, spesso ho sofferto la fame e il freddo. La mia famiglia era classificabile nel sottoproletariato. Lumpenproletariat (il grande Karl). Dopo la guerra, alcuni lavori brevi e saltuari, un passaggio a lavoro fisso nella cooperativa di riparatori di biciclette poi, nel 1946, riapertura della nostra bottega nella quale, al lavoro di riparazione delle biciclette, affiancammo la riparazione delle gomme per moto, auto e camion (un lavoraccio, a quei tempi). Tra i sedici e i diciotto anni, un anno e mezzo di malattia, durante i quali ho cominciato ad amare la musica classica. Fino ai sedici anni ho aspirato il benzene del mastice, anche intenzionalmente perché mi piaceva. Da quando ho imparato a leggere, ho sempre letto molto. Dai diciotto ai ventotto anni, ho lavorato alla fornace laterizi stagionale di Alfonsine. Lavoravo a cottimo per circa cinque mesi all’anno; un lavoro molto pesante. Negli altri mesi, lavoro “in economia” alla fornace, poi disoccupazione, dopo avere fatto il turno di venti giorni come scaricatore di barbabietole a cottimo preso lo zuccherificio di Mezzano e qualche settimana a riparare le strade bianche (Stroppata-Raspona). Mi sono interessato alla politica dai quattordici anni entrando nel Fronte della gioventù e poi nei giovani del PSI. A diciotto anni, nel 1950, mi sono iscritto nella FGCI e poi nel PCI. Della FGCI sono stato segretario comunale nella seconda metà degli anni ’50. Gli iscritti erano circa 600. Dai ventotto anni ai cinquantaquattro mi sono occupato di politica, di sindacato e di cooperazione. Poi ho continuato con la politica come volontario e non ho mai smesso. Ora sono collocato a sinistra del PD. Non è difficile. Sono sicuro di avere fatto errori svolgendo il mio lavoro. Di alcuni di questi me ne sono reso conto in tempi brevi e, di altri, in tempi medio-lunghi. A questi si aggiungono quelli dei quali non ho consapevolezza e che senza dubbio mi vengono attribuiti da altri, presumo non sempre a torto. Sono altresì convinto di avere fatto cose giuste, alcune rare per quei tempi. Ho ricoperto ruoli, soprattutto a livello provinciale, rispetto ai quali ritengo di non essere sempre stato all’altezza ma, come diceva Andreotti … … e in alcuni casi è stato così. Nel sindacato, nel PCI, PDS e DS, mi sono quasi sempre collocato a sinistra. Ho avuto una formazione lenta e atipica rispetto ai “quadri” tradizionali. Mai conformista, con alcune sporadiche cadute quasi inconsapevoli al momento, delle quali mi sono pienamente reso conto dopo, con imbarazzo. Nel 2007 ho festeggiato le nozze d’oro. Abbiamo due figli: Pier Paolo, del 1958 e Marco, del 1977. Due nipoti: Elisa, del 1979 e Viola, del 2010. Una bisnipote: Emma, del 2010. Mia moglie, Silvana, è del 1939. Avrei voluto essere più intelligente, per vivere di più, nel senso di una vita più piena e di maggiore spessore.
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