Una banca del seme locale per aiutare la biodiversità
Oramai gli ortolani hanno perso l’abitudine di conservare le sementi delle varie pianticelle. Qualcuno però resiste. Ad esempio, io porto con me da mio nonno alcuni semi: cardo, piselli, fava, cocomero bianco e la resa è ottima. La foto che vedete, di due settimane fa, mostra in piena maturazione le piante di piselli che superano di gran lunga la mia statura e la fava che mi arriva alle spalle. Certo, il risultato dipende anche da altri fattori come il terreno e la concimazione, ma hanno certamente un ruolo importante le sementi.
Sappiamo che attorno alle sementi si sviluppa nel mondo un mercato sempre più concentrato nelle mani di poche multinazionali. Le quali modificano geneticamente le sementi, particolarmente in base ai propri interessi. L’effetto di questa politica volta a massimizzare i profitti porta a colpire la biodiversità. Gran parte delle qualità di semi che hanno costituito la fonte di sostegno per milioni di contadini sparsi nel mondo sono spariti. Questo impoverisce i già poveri costretti a sottostare ai prezzi e alle condizioni delle multinazionali.
A questo si aggiunge che la sovrapproduzione di prodotti alimentari, non solo determina spreco, ma impoverisce i terreni fino a portarli all’anossia produttiva. Così la Madre terra rischia di non assolvere più alla sua funzione primaria di offrire cibo e sostegno all’umanità. Esiste sul tema una vasta letteratura che vi invito a leggere, a cominciare da Carlo Petrini – l’amico mentore di papa Francesco – che potete trovare comodamente sulla rete.
Quello che mi chiedo è perchè non facciamo tutti qualcosa per porre un argine a questa distorsione? Anche al nostro livello. Castel Bolognese è ricco di una cultura orticola e produttiva agricola che viene da molto lontano. Esistono diverse centinaia di orti, oltre duecento solo quelli di emanazione pubblica voluti dai nostri sindaci. Ogni ortolano si avvale della conoscenza di chi lo ha preceduto e molte volte questo trapasso di cultura viene da lontano. Sono certamente tanti coloro che producono e utilizzano semi che derivano dalla loro storia.
Questo patrimonio di sementi del passato costituisce patrimonio della biodiversità e sarebbe bene conservarlo. Perchè allora non pensare di costituire anche a Castel Bolognese una piccola banca del seme? Sarebbe bello che qualcuno studiasse e sviluppasse questa idea. Rappresenterebbe un buon patrimonio culturale per le nuove generazioni e potrebbe collocarsi nel novero di quella comunità educante che, grazie all’impegno dell’Amministrazione comunale e della scuola, sta facendo i primi passi anche a livello locale.