Sicilia in camper, Porto Empedocle ed Agrigento
La mattina del 3 giugno arriviamo a Porto Empedocle, saltando la Valle dei Templi, meta apprezzata del viaggio in Sicilia di undici anni fa. Ci incuriosisce la Scala dei turchi. Sostiamo al Punta piccola park (15 euro), ottima area camper a contatto con la spiaggia, che dista circa un chilometro dalla città. Le gentili signore che la gestiscono, a richiesta, si fanno carico degli acquisti di quanto serve. Offrono anche un servizio navetta.
Porto Empedocle vive in stretta relazione con Agrigento. Siamo nei luoghi di Pirandello e di Cammilleri. Forse non è un caso che molte persone con cui ho dialogato mi sono parse comportarsi come se seguissero una parte in commedia. Poi ho capito che questo atteggiamento, un poco fa parte del carattere aperto ed ospitale dei siciliani. Gente solidale, che vive condividendo quel poco che una terra spesso aspra offre loro e che per questo capisce più di noi del nord, il dramma degli emigranti che approdano in massa da quelle parti.
Porto Empedocle ha una bella spiaggia delimitata, da una lato … da una grande centrale idroelettrica ad olio pesante, in via di trasformazione per essere alimentata a gas, ma dall’altro dalla magnifica Scala dei turchi, una grande parete rocciosa a picco sul mare dalla forma caratteristica e dal colore bianco. L’ambiente è molto bello; prima della Scala si notano alcuni residui di un eco-mostro abbattuto un anno fa. Purtuttavia restano ampie ferite ad un territorio vulnerabile, come gli scarichi in mare, tante abitazioni fuori posto, troppo pattume in giro. Va detto però che i cittadini, anche se troppo poco reattivi, paiono consapevoli del fatto che l’ambiente è una delle poche risorse che hanno. (Foto Porto Empedocle)
Il pomeriggio del giorno dopo accettiamo la proposta di visitare la città di Agrigento. Ci portano in navetta con un contributo di 6 euro a persona. La persona che ci accompagna ci lascia in cima alla città antica, davanti al Duomo e ci indica il percorso che dobbiamo seguire e le cose più importanti da vedere, scendendo verso la Stazione ferroviaria, luogo del ritrovo per il ritorno. Non nego le perplessità iniziali di visitare una città di cui si è parlato tanto male. Debbo dire a ragione, ma anche a torto. Questa visita ci dimostra che quando si parla della Sicilia, sopratutto partendo dagli stereotipi di cui siamo inondati, si rischia di essere indotti a clamorosi errori di valutazione. Abbiamo si visto una città disastrata, sopratutto dalla speculazione edilizia degli anni sessanta – quella speculazione che l’ha resa così fragile e pericolosa -, ma abbiamo visto anche persone, sopratutto giovani, vogliose di reagire a anche un patrimonio architettonico e culturale di grande valore che può trasformarsi in ricchezza per la città.
La nostra breve visita è partita dalla Cattedrale di San Gerlando, patrono della città. E’ la chiesa più vecchia della città. Ricca di stili, è parte di un complesso edilizio che annovera fra altri, il palazzo vescovile, la sede di un Museo, una biblioteca. Insomma, il centro della cristianità agrigentina. La fiancata sinistra della chiesa è sorretta da impalcature in quanto a rischio di crollo a seguito del movimento di una delle tante frane che interessano Agrigento. Ha un bel soffitto a cassettoni, stucchi di pregio, quadri e statue molto importanti, fra le quali un ottimo Compianto. E’ in questo ambiente che abbiamo incontrato Domenico, un ragazzino che ci ha illustrato con dovizia di particolari la chiesa.
A seguire abbiamo visitato il Museo diocesano – segnalo il suo bel sito museodiocesanoag.it – del quale dove abbiamo incontrato Ilena, una giovane professoressa laureata in archeologia che come suo “lavoro” presta opera di volontaria in Ecclesia viva, un’associazione che opera per la valorizzazione dell’imponente patrimonio ecclesiastico esistente in città e renderlo fruibile ai visitatori. La ragazza ci ha accompagnati nella visita del Museo, ricco di opere di assoluto valore, compreso un Guido Reni, non disdegnando di ricordarci le difficoltà che i giovani incontrano in quel paese e quelle che anche l’Associazione incontra. Poi ci ha volontariamente accompagnato in visita ad un altro grande “gioiello” della città: Santa Maria dei Greci. E qui abbiamo incontrato Mattia, un altro ragazzino che ci ha illustrato con passione e trasporto degni di miglior causa la storia di quel sito.
Ebbene, ascoltare per circa un’ora Domenico, Ilena e Mattia ci ha detto tantissimo. Ci ha fatto balenare alla mente quanto sia dura la vita da quelle parti. In città dove i bambini non hanno un metro quadrato di giardino in cui giocare, in una città strangolata dalle automobili e dove pare sia quasi totalmente assente la vita civile, in una città che vive di pensioni e di impiego pubblico e dove quasi tutti i giovani non hanno lavoro. Quei bambini, che la chiesa in qualche modo ha accolto, sono un segno di speranza e di riscatto, come certamente lo è l’opera di Ilena, una insegnante che ha creduto in un futuro, laureandosi, e che invece si trova a lottare per sopravvivere.
Per il resto, scendendo giù verso la Stazione lungo la via centrale della città, abbiamo visto lo specchio di molte altro contraddizioni. Abbiamo visto i vicoli del disagio, ma anche quelli della neve e delle arti dove si tenta di dare una prospettiva al futuro. Abbiamo visto magnifici palazzi ottocenteschi, ma anche intravisto lo scempio dei grandi caseggiati che segnarono il “sacco” della città negli anni sessanta rendendola pericolosamente esposta ora e in futuro alle frane della collina sulla quale Agrigento sorge. Abbiamo visto solo scorci della storica Valle dei Templi, patrimonio dell’umanità, perchè coperta alla vista da enormi palazzoni. Abbiamo visto una quasi totalità di gente povera, ma dignitosa, accanto ad un “Circolo dei nobili” pieno di uomini e donne intenti al gioco, sicuramente benestanti e vestiti elegantemente come fuori, per strada, non se ne vede uno. Abbiamo visto mamme accompagnare per mano i propri bimbi, accanto a ragazzi dall’aspetto “truce” forse intenti a commerciare droga.
Insomma, una città della miseria e delle contraddizioni enormi, accanto ad una città che lascia qualche speranza. Una città comunque interessante da visitare e che invito a farlo, sforzandoci quando si viene da queste parti di guardare oltre il recinto della Valle dei Templi. (Foto Agrigento)
Verso sera la “navetta” ci ha recuperato e “allungati” al ristorante “Da Renzo” dove spesso dicono ceni Camilleri quando torna alla sua città natale. Menù di pesce a 25 euro. Non male. Qui assistiamo ad una classica scena siciliana. La persona che serve – lo fa come recitando una parte in commedia – riceve un ospite distinto e un accompagnatore. L’ospite reca con se due cartocci come dono che potevano contenere formaggi. Viene salutato con l’appellativo di don, col duplice tocco delle guance e con una sperticata enfasi, mentre all’accompagnatore viene data la mano. I doni vengono porti alla padrona di casa dedita ai fornelli e gli ospiti vengono fatti accomodare per la cena. Che viene servita in modo caloroso e ai miei occhi “fintamente” servile. Ogni ordinazione viene accompagnata dall’aggettivo “abbondante per don Antò“. Insomma una scena ai miei occhi divertente, ma anche interrogativa.
Al termine il ristoratore ci ha accompagnato all’area camper.