Politica

I “Bersani boys”

DSCN1196Sono bravi e sono belli i “Bersani boys”. Hanno fra i 20 ei 25 anni, studiano all’università. Sono certo che non se la prenderanno per un filo di ironia, io li stimo molto. Li ho visti all’opera nei recenti congressi dei circoli dove hanno sviluppato il loro apprendistato. In tanti hanno presentato la mozione, quasi tutti sostenuti da una piccola claque. Avevano appreso bene la lezione. Pochi appunti, sguardo diretto verso la platea, gli stessi argomenti per tutti.

Ho rivisto in loro la mia esperienza di 40 anni fa. Allora c’era il P.C.I.. Il nostro tirocinio è stato ancora più lungo, nei pionieri fino a 14 anni, poi la mitica FGCI, prima di approdare al Partito. Certo, gli strumenti a disposizione erano diversi.Oggi il computer, noi la vernice e il pennello, adesso la multisala, allora il Cineforum. Per darci un tono leggevamo Marcuse e Don Milani, oggi… . Anche noi eravamo un pò secchioni. Partecipavamo a tutte le riunioni, stavamo molto attenti all’introduzione. Chiedavamo di intervenire, cercando sempre di dimostrare che avevamo capito bene, quindi ripetendo al meglio, con parole nostre, qualche punto dell’analisi introduttiva. Poi il lavoro, la diffusione dell’Unità, i volantinaggi, il giornale murale, le scritte con la vernice, la festa dell’Unità, la presenza ai comizi e alle manifestazioni. Mettendo poi tutto assieme, i dirigenti più anziani valutavano e qualcuno di noi veniva promosso. Prima la segreteria con un settore di lavoro, poi un’altro settore di lavoro; quello che di noi emergeva come leader poteva diventava segretario di sezione. Anche allora i segretari di sezione spesso erano giovani. Venivano indicati dal segretario di zona (a sua volta indicato dal segretario di federazione che, a sua volta, era stato indicato dal segretario nazionale). Il compito dei segretari di sezione era di coordinare il lavoro degli attivisti sugli aspetti organizzativi (le tessere, i contributi, la festa dell’Unità, ecc.). Alla politica ci pensava chi stava sopra. Allora questa si chiamava politica dei quadri. Serviva a mantenere e a consolidare il potere di chi stava sempre uno scalino più in alto.

Ognuno tragga la morale che crede. Io mi permetto solo di dire ai giovani politici, di essere giovani. Di fare uno sforzo per portare nella politica qualcosa di nuovo e di originale, di guardare in avanti, di esplorare strade nuove. Riguardo il tema del rinnovamento la bussola deve essere quella del merito. Non abbiamo bisogno di giovani spinti a competere con gli anziani in base ai dati anagrafici, abbiamo bisogno di giovani e di anziani che si confrontano e stabiliscono le gerarchie sulla base del merito e delle competenze.

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