Omsa e futuro
Mi permetto di scrivere dell’Omsa, avendo partecipato come sindacalista alla gestione delle due crisi precedenti e avendo lavorato per la loro soluzione.
Concordo con chi afferma che l’Omsa rappresenta un pezzo della storia recente di Faenza e del suo circondario. Come nei casi precedenti, il pensiero va alle persone minacciate di perdere il lavoro e all’esigenza di offrire soluzioni concrete di prospettiva.
Da ciò che leggo mi pare di capire che non ci sono margini per convincere Grassi a mantenere la sua attività a Faenza. Se questa è una convizione diffusa, dopo avere biasimato ancora una volta questo capitalismo senz’anima, occorre lavorare per un nuovo progetto imprenditoriale capace di recuperare i posti di lavoro in discussione, mantenendo quindi in vita il punto produttivo.
In questa prospettiva credo occorra guardare al settore manifatturiero, pensando di non disperdere il patrimonio professionale e culturale legato a quella storica fabbrica e al territorio che l’ha ospitata fin dal suo sorgere. Sotto questo aspetto mi sembra importante, fra le diverse strade da percorrere, quella proposta da Everardo Minardi (lettera al Resto del Carlino di venerdì 22 gennaio). Ossia, come avvenuto già in passato allorquando da una crisi dell’Omsa nacque la Monoceram, mettere in campo le risorse della cooperazione nel suo complesso. Capisco come oggi, forse, sia più difficile che allora, ma la valenza economica che a Faenza e a Ravenna esercita la cooperazione è davvero molto forte. Così come attorno ad essa è forte e radicato il consenso sociale. Naturalmente occorre che il Governo e il sistema della autonomie locali siano della partita, nelle forme dovute e con il massimo impegno.