AmbienteVerde pubblico e privato

Immaginare e dare vita a nuovi paesaggi urbani

Per i nuovi sindaci, un cambio di passo, di cultura e di coscienza

Di seguito riportiamo un pensiero condiviso sui social da Matteo Mingazzini.

A giugno terminerà il mio incarico come consigliere comunale, iniziato 10 anni fa, e tornerò a rompere le scatole come libero cittadino.

Continuerò a farlo per quella che è la mia più profonda e sincera convinzione: il verde urbano e il rispetto del suolo sono le basi imprescindibili per costruire città più vivibili e salutari, volàno di bellezza, socialità e decoro.

Servirebbe poco, eppure è difficile immaginarlo.

Il caldo e l’esposizione solare sono un problema anzitutto sanitario, e asfalto e cemento ne amplificano gli effetti (la differenza tra un luogo alberato e un parcheggio assolato può essere anche superiore ai 5 gradi): temperature insopportabili e malsane che ci accompagnano ormai dalla primavera all’autunno. Va bene così?

No, e questo lo sanno tutti: non a caso si parla di “desigillazione” dei suoli e forestazione urbana.

Negli ultimi dieci anni i Comuni del ravennate hanno avuto diverse velocità sul fronte del benessere urbano: alcuni sono migliorati, altri sono rimasti fermi, altri invece hanno addirittura fatto passi indietro.

Una città con poco verde – o col verde distribuito male – è una città dove non è bello vivere, dove si penalizzano le fasce più deboli e dove anche le iniziative più virtuose perdono di significato (una ciclabile al sole ha l’usabilità di una bici senza sella).

Se un Comune non può fare quasi nulla per cambiare il clima del pianeta, può invece fare tantissimo per la salute dei propri cittadini e l’adattamento degli spazi urbani ai cambiamenti climatici: ridurre le isole di calore e dare così concretezza ai tanti proclami “green” che vengono fatti ogni trépperdue e che raramente trovano coerenza nei fatti.

Da cittadino, per i sindaci che verranno mi auguro un vero e proprio cambio di passo, di cultura e di coscienza: ma soprattutto mi auguro che possano avere il coraggio e la fantasia che servono per re-immaginare i paesaggi urbani, uscendo da schemi di priorità che ancora si rifanno all’epoca della Lira.

Può sembrare una banalità, ma non siamo abituati a immaginare qualcosa che non c’è, e viceversa: se viene a mancare un viale alberato viviamo il trauma, ma se il viale alberato non c’è mai stato, facciamo fatica persino a immaginarlo. Nella psicologia del paesaggio il bello e il brutto non esistono, esiste solo l’abitudine del vissuto: ed è contro questa abitudine che si può e si dovrebbe avere il coraggio di fare la differenza, perché molti posti sono in degrado da così tanto tempo che si è persino persa la memoria della bellezza.

Non serve a nulla mettere più alberi nei parchi se strade e piazze rimangono roventi. Così come non serve creare delle bomboniere in centro se poi nelle zone industriali sembra di essere in Mad Max.

Il sole batte anche sui capannoni e anche chi lavora ha diritto a luoghi salubri e decorosi.

Certo non basta avere un bravo sindaco: servono anche bravi cittadini, e bravi tecnici a cui spetta progettare qualcosa di migliore. Quando i cittadini che chiedono più alberi saranno più numerosi di quelli che si lamentano per le foglie in terra, allora si potrà parlare di rinnovata coscienza. Che però va coltivata dall’alto.

Per dieci anni ho sperato che potessimo imparare qualcosa dalle migliori capitali europee e dai suggerimenti delle università e dei centri di ricerca per migliorare concretamente le nostre città. Che significa ridurre drasticamente le aree esposte al sole.

Continuerò a sperarlo anche per i prossimi dieci anni.

Ndr. Il tema degli alberi nelle città, piccole o grandi che siano, è da tempo molto dibattuto. Prevale la vulgata che essi siano un problema: rompono l’asfalto, intasano le caditoie e le docce, costano di manutenzione, sporcano, sono pericolosi. In parte tutto questo è vero, ma sono anche una grande risorsa. Ce lo dicono in tanti, da ultimo Matteo Mingazzini con il suo bell’articolo. Allora che fare? La risposta mi sembra avvia. L’impegno di noi tutti, nei prossimi anni, penso debba essere quello di agire concretamente per vincere la battaglia degli alberi. 

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