Al parcheggio dell’Ospedale di Faenza
L’altra mattina al parcheggio dell’Ospedale di Faenza, dopo avere fermato l’auto, sono stato avvicinato da un ragazzo di colore che mi ha chiesto di essere pagato per un servizio che non avevo richiesto. Dietro di lui, in avvicinamento, altri tre ragazzi. Gli ho detto no e che dovevano smetterla di fare quel “lavoro”. Si è ritirato in buon ordine.
Mi sono allontanato ed ho osservato per qualche minuto la scena. Sempre la stessa. Ragazzi che presiedono ogni fila; uno che si sbraccia per indicare il posto vuoto, poi si avvicina al cliente che scende dall’auto, accompagnato da altri tre ragazzi che con fare disinvolto circondano l’autista.
Non dico che in tutto questo ci sia qualcosa di perverso o di cattivo. Ognuno si guadagna da vivere come può. Bisogna però sapere discernere. Delle due l’una: o quello è un “servizio” che serve – potrebbe anche essere, visto che una persona su due lo paga – e allora la questione si regolarizza, oppure non serve e allora si chiude.
Io penso che quel “servizio” non serva. Che le persone non dovrebbero “pagarlo”. Che quei ragazzi dovrebbero cercarsi una diversa occupazione. Che il controllo e la deterrenza (vedi l’opera dei volontari) non andrebbe fatta solo per pochi giorni prima delle elezioni.