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Assassinio a Castel Bolognese, non sono problemi loro

Provo una strana sensazione al pensiero di potere incontrare per strada nella città in cui vivo, persone con una pistola in tasca, disponibili e determinate a sparare in testa ad altre persone. E fare questo in orari serali in cui tutti sono dediti alle proprie normali attività. Chi al bar, chi riunito per discorrere, chi semplicemente a passeggiare per strada con i bimbi per mano.

Quello che è accaduto lunedì scorso a Castel Bolognese, deve farci riflettere. L’efferatezza del gesto, la scena in cui è avvenuto e le modalità seguite, a prescindere dal movente, esprimono il senso di una plateale sfida a tutti i cittadini. Non è quindi un “problema loro”, ossia degli “albanesi”.

La comunità deve reagire con ferma determinazione. L’auspicio è che le forze dell’ordine consegnino quanto prima alla giustizia gli assassini. Ma non basta. Dobbiamo anche riflettere per capire.

La maggiorana dei crimini si nutrono e crescono nel loro brodo di coltura. A Castel Bolognese può essere rappresentato dal fiorente mercato della droga e dalla prostituzione di strada, che da troppo tempo ha invaso il territorio.

La particolare situazione di insicurezza che vive Castel Bolognese, si deve in buona parte anche alla sua ubicazione geografica: una città al confine fra due province, stretta fra due città più importanti dove l’azione delle forze dell’ordine è di livello superiore, attraversata dalla via Emilia, alla confluenza di una valle e con un nodo ferroviario di grande importanza. Tutti elementi questi che, nel loro insieme, favoriscono senza ombra di dubbio la logistica dei malavitosi.

Dobbiamo poi prendere coscienza del fatto che Castel Bolognese non è più la cittadina di una volta, in cui tutti si conoscevano … e la vita scorreva lenta. Siamo oramai in diecimila residenti, a cui vanno aggiunti oltre due mila domiciliati e le tante persone che frequentano regolarmente Castel Bolognese, provenienti da paesi vicini. Di tutti costoro, almeno mille e cinquecento sono cittadini stranieri.

Queste sono le ragioni che, a mio avviso, sostengono la richiesta di una maggiore vigilanza del territorio da parte delle forze dell’ordine e dell’adozione di una serie di misure volte ad accrescere il controllo e la repressione del malaffare, a partire dalla drastica riduzione della prostituzione di strada, così come è avvenuto nelle città vicine. Misure che vadano temporalemente ben oltre al periodo emergenziale legato ai vari accadimenti malavitosi.

E’ necessario che le forze dell’ordine guardino con occhi diversi dal passato questa città. Alla base della risposta da mettere in campo penso ci debba essere, come si dice da tantissimo tempo, un rafforzato coordinamento di tutte le strutture deputate all’ordine e alla sicurezza, compreso la Polizia Municipale, e l’adozione di schemi di vigilanza e di azione uguali nella sostanza a quelli in atto nelle città confinanti lungo l’asse della via Emilia.

A sostegno di tutto ciò occorrono anche misure da decidere e da adottare localmente. Certo, sempre nell’ambito di uno stretto coordinamento con Polizia e Carabinieri. La mia passata esperienza di assessore con delega specifica mi riporta alla mente le ultime decisioni sulle quali ci impegnammo: apposizione del divieto di fermata per le auto lungo la via Emilia (si rifletta sul significato del fatto che l’unico tratto escluso da questo provvedimento è quello che va dal Ponte del Castello al Rio Sanguinario), il rafforzamento della delibera antiprostituzione per aggiornarla a quelle più cogenti in essere a Faenza e Ravenna, una rafforzata vigilanza notturna da parte della Polizia Municipale, appoggiata dai “volontari per la sicurezza”, il completamento del progetto di video-serveglianza (allora finanziato solo per la metà).

Ps – Non so se nel corso degli ultimi anni le misure di cui parlavo sopra sono state adottate; qualora ciò fosse avvenuto, ne prenderei volentieri atto.

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