Gli orari della discordia
Trovo da “terzo mondo” (detto con rispetto) l’idea di liberalizzare 24 ore su 24, sette giorni su sette, l’orario di apertura dei negozi. Avremo città ancora più disordinate e insicure, meno vivibili. Quando avremmo bisogno del contrario, se non altro per il riguardo che si deve all’enorme patrimonio storico e culturale, all’idea di città belle e all’ipotesi di migliorare la ricezione turistica.
Ogni volta che ho avuto la fortuna di visitare paesi del nord Europa, nella diffusa realtà dei paesi e delle città di media dimensione, ho sempre notato una precisa disciplina nella gestione degli orari dei negozi. E città molto ordinate, secondo questo schema: il giorno si lavoro, nel tardo pomeriggio alcune ore per lo svago, la notte si dorme. Mi chiedo perché l’Italia non guardi a questi paesi, invece di scivolare verso modelli che hanno ragione di esistere (forse) in presenza di condizioni storiche e sociali ben diverse dalla nostre.
E’ abbastanza chiaro come questa scelta accompagni i desideri della lobby della grande distribuzione. Contemporaneamente però favorirà la balcanizzazione del commercio con il prosperare di micro attività, difficilmente controllabili sotto molti punti di vista. La combinazione di questi effetti renderà ancora più scadente e difficile la vita (e la conservazione) dei nostri centri storici. Alcuni chiamano questo modernità.