Sicilia in camper

Sicilia in camper: da Mozia a Nubia

Nubia
Nubia – Il Mulino a vento della salina Culcasi

Al mattino, è l’8 giugno, partiamo verso Trapani, seguendo il lungomare per addentrarci, piano piano, in uno dei più bei paesaggi della Sicilia. Prima sosta davanti a Mozia. Si tratta degli scavi di un’antica città fenicia sorta sull’isola di San Pantaleo.

Siamo nello Stagnone di Marsala. L’isola oggi è proprietà di una fondazione, emanazione di un signore inglese, sbarcato alla fine dell’ottocento da queste parti, che si arricchì con la produzione del vino. Fu lui ad acquistare l’isola, ad avviare gli scavi archeologici dell’antica città e a costruire un grande Museo delle opere recuperate. Una storia edificante, che fa riflettere, sopratutto se comparata con il comportamento di tanti arricchiti dei giorni nostri. Tutt’intorno, le saline, un bel mulino a vento ristrutturato e l’attività di trasbordo dei turisti, sia per l’isola, che nei dintorni. Non visitiamo l’isola, avendone ancora un buon ricordo dalla sosta di 11 anni fa.

Proseguiamo verso Nubia, una frazione del comune di Paceco, vicino a Trapani. Ci addentriamo nello splendido Parco delle saline di Trapani e Paceco. Ai nostri occhi la bellezza del paesaggio delle saline è sconvolgente, ma è di grande interesse e curiosità anche la storia di quei luoghi e di quelle attività.

Lentamente ci siamo avvicinati ad una delle piccole saline ancora in funzione. Ancora una volta la carta vincente che ha costituito il valore aggiunto del nostro viaggio, è stata il contatto con le persone del luogo e il dialogo intessuto. Visitiamo la salina Culcasi che prende il nome dall’attuale proprietario. Il quale la rilevò dopo che l’alluvione del 1964 le aveva distrutte tutte.

Dopo 2o anni trascorsi nella ripulitura dei bacini e nella ristrutturazione degli impianti, iniziò a produrre. Poi ebbe l’idea di associare alla produzione di sale il Museo degli antichi attrezzi e della storia dei salinari e di aprire il Ristorante del sale. Insomma, tre attività sinergiche per la gioia dei turisti che pian piano ripresero a visitare l’area. Noi abbiamo parlato col nipote Roberto che ci ha guidati nella visita del Museo (euro 2,50). Ci ha spiegato che quella del nonno fu un’idea vincente, ma non priva di difficoltà, acuitesi poi con gli anni.

Roberto ci ha illustrato le varie fasi della lavorazione del sale, come avveniva una volta e come avviene oggi. Ha discettato sulla qualità del sale, sostenendo che il prevalere della standardizzazione del prodotto, non premia la qualità, quale quella della loro produzione. Ha detto che il sale iodato “che ci fa così bene” non è altro che sale di scarsa qualità corretto chimicamente.

La visita al Museo è stata molto interessante, anche per la capacità di Roberto di relazionare il lavoro di un tempo dei salinari e quello di oggi. Infine ci ha accompagnato alla visita del mulino a vento di derivazione araba e perfettamente funzionante.

Interpretando le parole condite di tormentata ironia di Roberto, mi pare di avere capito che il lavoro e le idee messe in campo dai piccoli salinari, che – è inutile dirlo – poggiano principalmente sul turismo e solo marginalmente sulla produzione di sale, devono trovare ristoro da una politica della Regione che lasci al territorio maggiori risorse, indotte, appunto, dal turismo.

Al termine di questa interessante visita, corroborata dalla vista di un magnifico paesaggio, abbiamo ripreso la via per San Vito Lo Capo, prossima tappa del nostro giro. In un piccolo paese alle porte di Trapani, ci siamo riforniti di frutta e verdura da un produttore locale, e di due ottimi pecorini del luogo, stagionato e primo sale.

 

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