I borghi

San Benedetto Pò

Piazza Matteotti - Porta di ingresso all'Abbazia
La Basilica
La piazza del complesso monastico
Allevamento di tartarughe
Idrovore monumentali
Fattoria

Abbiamo trascorso alcuni giorni nella repubblica del Nord. Così ci ha informato un cartello lungo la strada. L’intenzione è stata quella di visitare San Benedetto Pò nel mantovano, quindi in Lombardia, ma di qua dal Pò. Siamo giunti, in camper, venerdì pomeriggio. Ci siamo fermati in un ampio parcheggio con posti riservati ai camper, in via D’Annunzio, piazza Salvo D’Acquisto. L’area non è indicata, ci è stata segnalata dallo Iat (iat@oltrepomantova.it) a cui mi sono rivolto tramite mail.

San Benedetto Pò, uno dei Borghi piu Belli d’Italia, deve la sua fama alla costruzione attorno agli anni mille di un grande complesso monastico benedettino. Allora si chiamava Polirone. La zona, alla confluenza dei fiumi Pò e Lirone, era paludosa, ma strategicamente importante, vicino al percorso della via francigena. Ragion per cui si pensò alla costruzione di un grande Monastero, finalizzato a quello che oggi chiamiamo turismo religioso. Siamo nelle terre di Matilde di Canossa.

Prima della chiusura ci siamo recati allo Iat per chiedere delucidazioni circa la visita al complesso. Siamo stati rimandati al primo mattino del giorno dopo. All’arrivo, è stata una gradita sorpresa trovare, presso la biglietteria (6 euro), un volontario che si è posto a nostra disposizione per la visita. Per i gruppi dei pulmann ci sono le guide, per i fai da te come noi, hanno pensato bene di attivare il volontariato (gratuito).

Mario, che desidero ringraziare, è stato davvero bravo. Con un piglio da arguto prof, ci ha condotto nella visita al Monastero, partendo dalla enorme piazza racchiusa dentro al medesimo e libera dal traffico veicolare. Lo sguardo di insieme dalla piazza è davvero bello. Ci ha fornito nozioni che ci hanno permesso di capire, seppure sommariamente, l’evoluzione storica del complesso e il grande significato che ha assunto nel XVI secolo come crogiolo di studi e di ricerche. In quel periodo il Monastero raggiunge un eccezionale splendore, tanto da contare come ospiti i maggiori intellettuali del tempo, da Vasari e Tasso, dal Palladio a Martin Lutero.

La visita del Monastero ha riguardato i magnifici Chiostri, il Refettorio, la Sala del Capitolo – il luogo in cui veniva esercitato il governo abbaziale, da cui il detto “tu non hai voce in capitolo”, l’Infermeria nuova, le enormi Cantine – oggi diventate sede del Museo della Civiltà contadina.

Dopo un’ora e mezzo, trascorsa con vero piacere, rimirando e riflettendo, Mario ci ha consegnati ad un altro (ottimo) volontario, probabilmente anch’esso insegnante a giudicare dal suo metodo di erudizione, membro dell’Associazione degli Amici della Basilica, con il compito di guidarci alla visita alla chiesa. Subito ci dice che occorre un’ora e mezzo. Si può restare abbastanza perplessi, ma gli aspetti interessanti su cui soffermarsi sono davvero tanti.

La Basilica nel suo complesso, guardandola da fuori e da dentro, è davvero strana, tanti sono gli apporti degli innumerevoli interventi compiuti, a partire dall’originario impianto romanico. Si coglie la maestosità dell’opera, il suo splendore, i diversi gusti architettonici, anche le diverse contraddizioni. La Basilica mantiene tutt’ora un grande fascino testimoniato dall’amore che attira da parte, per così dire, della contemporaneità, manifestato dalle innumerevoli iniziative, ritengo in grande parte promosse dall’Associazione prima citata. Ricerca storica, progetti di restauro, divulgazione culturale, promozione della conoscenza, attivazione delle risorse, mi sono parse quelle degne di maggiore interesse. Naturalmente attorno a questo patrimonio storico e culturale si nota l’interesse di tutta la comunità, a partire dall’Amministrazione comunale che deve essere di elevato spessore. Pensate, un comune di meno di ottomila abitanti, a cui è stato affidato il ruolo di capofila del coordinamento dei comuni (20) del Sistema Pò Matilde.

Una comunità locale che cura e valorizza la propria storia, il proprio ambiente naturale e le risorse da cui derivano, per farne oggetto di sviluppo economico e sociale. San Benedetto Pò sorge sulla riva del grande fiume, in ambiente tipico della pianura alluvionale. Come tale è depositario naturale di un notevole interesse ambientale, che hanno pensato bene di valorizzare con parchi e per mezzo di una fitta rete di percorsi ciclabili.

La domenica abbiamo visitato in bike il Parco della Golena alla foce del Secchia, spingendoci fino a Quistello, tornando lungo gli stradelli di campagna, incontrando canali e opere di bonifica e regimazione delle acque di grande maestosità e interesse. Quelle opere che si facevano un tempo, di cui la nostra bella Italia avrebbe tanto bisogno ancora oggi, ma che … .

Fanno parte dello sviluppo economico del territorio le tante iniziative di valorizzazione dei prodotti tipici del mantovano. Siamo entrati in contatto con alcuni di questi e la sorpresa è stata davvero grande. Ancora una volta i veicoli di questa cultura si sono dimostrati essere i piccoli negozi a conduzione familiare. Ne cito solo due, gli unici visitati: il panificio Bernardelli, in piazza Matteotti (antica entrata al Monastero) dove la proprietaria confeziona dolci con grande destrezza e buon gusto, tanto da fare apparire il suo forno simile ad un negozio di fiori. Accanto a questo esercizio, si trova un piccolo negozio di generi alimentari. Abbiamo chiesto qualche prodotto da ammannire (a noi piace fare questo) che avesse potuto consentirci di mantenere vivo il ricordo di quei luoghi. Ci ha offerto (e venduto) ottimo Parmigiano Reggiano, ma anche un grande riso Carnaroli dell’azienda agricola locale “Il galeotto”, suggerendoci un modo di cottura, a noi sconosciuto, proponendoci di condirlo con della salsiccia fresca, da lui preparata. Ci ha venduto anche dell’ottima mostarda di una particolare mela del luogo da lui confezionata.

Appena giunti a casa, abbiamo provato quel riso, condito nel modo proposto. Il risultato è stato ottimo, al punto che ne abbiamo cucinato per tre giorni di seguito. Credendo possa interessare, a breve esporrò nel sito la ricetta (semplicissima).

La visita a San Benedetto Pò è stata da noi così gradita, al punto che ci proponiamo di tornare per le ancora tante cose rimaste da vedere, a partire dal Museo polironiano. Ci proponiamo anche di suggerirla agli estimatori di quegli autentici tesori rappresentati dalle piccolissime città, laddove  ritmi di vita accettabilmente lenti si sposano con la civiltà, la tradizione contadina, la storia, la cultura e la buona cucina. Peccato che il sig. Formigoni voglia allocare proprio in questi luoghi, udite, udite, una centrale nucleare. Spero non riesca nel suo intento. Se visiterete il luogo noterete un grande cartello ammonitore posto dalla popolazione proprio nel balcone della Basilica.

Desidero ringraziare l’operatore dello Iat per la cortesia, le due guide, per l’aiuto che ci hanno fornito, gli operatori del commercio per i prodotti di cui ci hanno deliziato. E tutta la città per l’ospitalità che ci ha riservato.

Abbiamo visitato questo luogo, due famiglie, con due camper. Non abbiamo lasciato traccia evidente del nostro soggiorno. Abbiamo lasciato un discreto gruzzolo ai commercianti dai quali ci siamo riforniti di prodotti che abbiamo consumato e portato a casa. Sono certo che diverse persone che leggeranno questo articolo faranno una visita a San Benedetto Pò. Oltre a noi, che, come dicevo, torneremo. Sono certo che di questo è e sarà contenta la comunità di San Benedetto. Dico questo rivolto a quelle amministrazioni comunali e a quei sindaci che così tanto ostacolano questa forma di turismo in forte espansione, il turismo all’aria aperta.

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